«Gli scienziati sono pronti per applicare il grande potere della rivoluzione di internet alla comunicazione scientifica, ma sono stati ostacolati dalla natura conservatrice dell’editoria scientifica». Lo dice Michael Eisen, biologo dell’Università della California di Berkeley e co-fondatore di Public Library of Science, l’organizzazione paladina dell’open access che dal 2003 pubblica diverse riviste specializzate ad accesso libero e gratuito per chiunque abbia a disposizione una connessione internet.
PLoS sta per tentare l’assalto al cielo dei due (costosi) colossi cartacei della scienza, Nature e Science, le più grandi riviste scientifiche del mondo. Entro l’anno lancerà sul web PLoS One, il suo nuovo giornale «generalista», aperto cioè a qualunque disciplina scientifica.
Ma non è tutto qui: oltre all’approccio open di cui PLoS è portabandiera, cioè la gratuità per tutti i lettori on line, la rivista avrà alcune caratteristiche nuove. O meglio, adattate da quelle che sono ormai le normali forme di lavoro nella rete e che, applicate all’editoria scientifica, acquistano un sapore rivoluzionario, e PLoS non esita a parlare di «Open access 2.0», parafrasando quel «Web 2.0» che dovrebbe definire la nuova organizzazione sociale della rete.
Dunque su PLoS One gli articoli non saranno immutabili come su una normale rivista, ma gli autori potranno aggiornarli anche dopo la pubblicazione e i lettori potranno commentarli, valutarli, discuterli e criticarli nel forum della rivista, decretandone il successo o la cancellazione.
Fino ad oggi le riviste scientifiche classiche hanno affidato ogni articolo ricevuto a un gruppo di esperti di quella disciplina, perché lo valutino, eventualmente suggerendo modifiche o integrazioni. Questa prassi si chiama peer review. Ma chi sono oggi i pari? La rete ci ha abituati a un sapere in continua evoluzione, orizzontalmente aperto alla partecipazione di tutti. I forum on line, le reti di peer-to-peer e i blog sono mezzi per compartire liberamente le conoscenze con chiunque, e anche la scienza è coinvolta in questi cambiamenti: nasce la open peer review.
Niente di nuovo per gli utenti di internet, abituati a lavorare collettivamente su testi mai definitivi e a esprimere giudizi sui magmatici contenuti del web senza sottostare alle rigide gerarchie che regolano il mondo editoriale. Per i ricercatori invece si tratta di innovazioni importanti: il valore del loro lavoro si misura proprio dall’autorevolezza della rivista sulla quale pubblicano, che a sua volta è legata a quella dei referee, gli scienziati che ne approvano gli articoli.
Su PLoS One i referee si limiteranno però a garantire il rigore scientifico e tecnico dei lavori: originalità e valore saranno valutati liberamente dai lettori dopo la pubblicazione. In questo modo il filtro che valuta la qualità delle ricerche sarà spostato a valle, riducendo i tempi (geologici) di pubblicazione degli articoli e sfruttando la capacità di controllo di un intero network sociale: tutta la comunità scientifica, non solo professori di fama ma anche studenti di dottorato e ricercatori a contratto, spesso la parte più vivace e più attenta alle innovazioni.
L’autorevolezza della open peer review di PLoS One sarà così garantita dalla sua capacità di stimolare la partecipazione attiva di tutta la comunità nella valutazione degli articoli. È un’idea che rischia di funzionare, se consideriamo che Public Library of Science in soli tre anni ha raggiunto risultati incredibili: PLoS Biology, per esempio, è già schizzata al primo posto al mondo tra le pubblicazioni della sua categoria nelle classifiche degli impact factor, superando mostri sacri come Current Biology o Proceedings of the National Academy of Sciences.
Significa che gli articoli pubblicati su PLoS sono più citati di quelli delle altre riviste nei lavori degli scienziati, circolano di più e hanno un impatto maggiore sulla comunità scientifica. Forse è per questo che la prima risposta viene proprio da Nature, che ha annunciato il suo esperimento di review aperta ai lettori, della durata di tre mesi, negli stessi giorni del lancio della nuova rivista della famiglia PLoS. Nel suo caso, però, solo gli articoli degli autori che daranno l’espresso consenso saranno aperti ai commenti, e ogni contributo sarà sottoposto al controllo degli esperti della rivista.
Un modo un po’ ingessato di marcare stretto un concorrente agguerrito, oppure la consapevolezza che anche la pratica più formalizzata di produzione del sapere – la scienza – è fatta da persone che amano commentare il lavoro dei colleghi, scambiarsi opinioni informali, creare conoscenza collettivamente. Secondo Michael Eisen «PLoS One ridefinisce quello che una rivista scientifica deve essere, eliminando le inutili barriere tra gli autori e la loro audience e trasformando la letteratura pubblicata da una serie statica di articoli in una dinamica e interconnessa risorsa in costante evoluzione per gli scienziati e il pubblico». Nell’epoca della rete, significa usare al meglio le potenzialità di internet.
di Alessandro Delfanti
Il Manifesto, 19 giugno 2006