Se l'Economist parla di un sindacato in termini positivi, qualcosa di strano ci deve essere. In effetti la Freelancers Union, creata e gestita da Sara Horowitz (figlia e nipote di sindacalisti) non è un sindacato in termini classici, anche se con i suoi 37.000 iscritti è diventata la settima Union degli Stati uniti.
La Freelancers Union non si occupa dell'organizzazione dei precarissimi freelancer, che non sono solo i lavoratori dei giornali ma più in generale «un esercito in rapida crescita di lavoratori flessibili che saltano da un datore di lavoro a un altro». Tanto meno si interessa di lotte o rivendicazioni. Sul suo sito non si parla di scioperi, né di contratti. Però è ben chiara la necessità dei freelancers di reclamare «vite stabili anche senza avere accesso al nostro sistema di welfare basato sul lavoro stabile».
Secondo l'Economist questa strana Union «applica lo spirito di innovazione e la disciplina affaristica delle start-up della Silicon Valley alla risoluzione di problemi sociali». Per esempio aderendo si ottengono a prezzo conveniente dei benefits come l'assicurazione sanitaria, che negli Usa non è garantita a tutti ma pagata dal datore di lavoro. Oppure interessanti discounts: i suoi membri possono accedere a sconti sui prodotti di molte aziende.
Anche se Horowitz si propone, in classico stile Usa, di creare una lobby che intervenga nei processi legislativi (per ora nello stato di New York, domani in tutta l'Unione), nel sito di Fu non mancano un blog e una community on line che lavora su un wiki per costruire collettivamente una mappa delle assicurazioni più vantaggiose, delle questioni legali e di quelle abitative, che affliggono i precari delle due sponde dell'Atlantico.
Freelancers Union: A Federation of the Unaffiliated