Tocca a Richard Stallman, guru del free software, dire la sua sulla scienza e sull'Open Access. Anche se odia la parola «open», soprattutto se unita alla parola «source», mi ha parlato dei legami tra scienza, free software e movimento per l'open access nell'editoria scientifica.
Stallman sarà oggi a Roma alla Sapienza prima, e alla Camera dei Deputati poi. L'intervista completa è uscita su Liberazione, ma questa parte è inedita:
Il movimento per l’open access nella scienza è stato influenzato dall’esperienza del software libero. Si tratta comunque di libera circolazione della conoscenza, no?
L’ideale della cooperazione tra gli scienziati mi ha ispirato a fondare il movimento del free software. Da allora, questo ideale è stato danneggiato dalla commercializzazione della scienza: per questo sono felice che gli ideali del free software possano restituire il favore rinsaldando la cooperazione scientifica.
Tuttavia io non amo il termine «open access» perché il suo nocciolo centrale è una questione di libertà: la libertà di ridistribuire copie estate di un articolo scientifico, per esempio pubblicandolo su un sito web. «Free sharing», libera condivisione, sarebbe un termine migliore. Con questa libertà, la comunità scientifica può mettere a disposizione molte copie su siti diversi, assicurando un accesso più facile.
Ci sono anche motivazioni tecniche.
Nell’era della carta stampata, l’editore di una rivista scientifica giocava un ruolo vitale nella disseminazione della conoscenza, e farsi pagare le copie vendute era un bisogno inevitabile. Ma ora che il miglior modo per distribuire articoli scientifici è rappresentato da Internet, le restrizioni imposte dagli editori sono diventate un ostacolo per la scienza. Un ostacolo che dobbiamo eliminare.
E quindi?
Le università e gli enti che finanziano la ricerca dovrebbero affrontare la questione in modo diretto, inserendo nei contratti dei ricercatori una clausola che da all’università il diritto di ripubblicare tutti gli articoli scientifici – una volta pubblicati su una rivista o presentati a un convegno – sul suo sito web, permettendo a chiunque di ridistribuirne copie esatte. Non si tratta di dare il permesso di modificarli.
Il software invece deve essere libero per motivi pratici. Se un programma non risponde ai tuoi bisogni, devi essere libero di modificarlo. Ma un articolo scientifico è una testimonianza: «abbiamo fatto la ricerca xx e abbiamo osservato che yy». Eventuali versioni modificate sarebbero distorsioni dei documenti scritti da altre persone. Ecco perché sostengo solo la libertà di ridistribuirne copie esatte.