Chi sono gli hacker? Sono innanzitutto persone che condividono un’attitudine e un’etica e che si erano messe all’opera ben prima dell’inizio della rivoluzione informatica e della nascita della stessa parola «hacker». Gli eroi dell’era dell’informazione sono coloro che hanno creduto negli ideali della libera condivisione delle idee, della ricerca e della curiosità.
Le loro vicende si sono svolte quasi sempre al di fuori della scienza ufficiale, nei garage, nei dormitori per studenti e nell’industria, e le loro idee, una volta applicate, hanno dovuto superare la prova del confronto con il magma della società e dell’economia. Soltanto lì esse trovano la loro strada, diventando a tutti gli effetti prodotti culturali del loro tempo. Sono queste idee a guidare Carlo Gubitosa, giornalista, saggista e segretario dell’associazione Peacelink in Hacker scienziati e pionieri. Storia sociale del ciberspazio e della comunicazione elettronica (Stampa Alternativa, 240 pagine, 13 euro).
Per questo il percorso di questo libro non è una storia lineare ma organizzata attorno a personaggi e momenti che hanno rappresentato un’innovazione vincente, un avanzamento o uno stravolgimento delle tecniche della comunicazione: insomma, un cambiamento nelle pratiche sociali per eccellenza, quelle con cui l’umanità usa, produce, scambia informazione – in una parola, parla. Gli «equilibri punteggiati» che secondo la teoria di Stephen J. Gould caratterizzano l’evoluzione biologica sono veri anche per le tecnologie, che spesso evolvono per salti bruschi, anche se sono sempre supportate da un sapere sedimentato e legate alle caratteristiche sociali, economiche e industriali del periodo storico in cui si verificano i salti.
Stendere il primo cavo oceanico, per esempio, è stato possibile quando si sono incontrate la richiesta di comunicazioni transatlantiche e le competenze tecniche per tentare l’impresa. Allo stesso modo, Nikola Tesla è riuscito a imporre la corrente alternata che usiamo ogni giorno solo quando ha incrociato le necessità dell’industria e ha azzeccato una strategia comunicativa che ha spazzato via i pregiudizi contrari alla sua invenzione.
Dall’altra parte, a legare gli scienziati che hanno costruito le tecnologie dell’informazione che conosciamo oggi, c’è l’amore per il modello «libero» dell’innovazione, di cui il free software è una delle incarnazioni più avanzate, in contrapposizione al modello «proprietario». Come sottolinea l’autore, «La libera circolazione delle idee non è solo un approccio etico per le persone che considerano la libertà più importante del profitto, ma anche un metodo pragmatico molto efficace che può produrre una cultura libera dove gli interessi degli autori non vengono messi in conflitto con gli interessi della comunità».
È anche in questo senso, e non solo per il ruolo scientifico avuto nell’evoluzione delle tecnologie, che Gubitosa rintraccia un filo rosso che tiene insieme il «figlio della tempesta» Tesla, inventore della radio e della corrente alternata che accendeva lampadine con le mani e che ha lottato contro le ansie di privatizzazione di Thomas Edison, e il guru del free software Richard Stallman, una vita dedicata alla libertà dei programmatori contro il ricatto della proprietà intellettuale. Oppure il matematico Von Neumann e l’inventore dei protocolli informatici che fanno funzionare il World Wide Web, Tim Berners-Lee, che si è rifiutato di rinchiudere le sue idee dietro alle sbarre del copyright e dei brevetti industriali.
Spesso si tratta di personaggi quasi sconosciuti, come nel caso degli informatici che hanno dato vita al laboratorio di videogame del Massachusetts Institute of Technology, la culla degli hacker degli anni Settanta. Oppure di momenti di creatività davvero lontani dal classico laboratorio in cui si fa ricerca: magari in un garage, come quello dei genitori di Steven Jobs dove nacque il personal computer Apple I.
In ogni caso, la loro fortuna è esplosa quando hanno saputo far incontrare i due piani su cui si svolge la trasmissione di informazione: il livello fisico (le macchine, i cavi, l’etere nel quale scorrono le onde radio e i bit) e quello logico (i codici, il linguaggio, il software). Carlo Gubitosa, nel suo racconto, mantiene sempre parallele queste due storie. Dall’origine lontanissima, addirittura nell’antica Grecia, di codici che vivono ancora, nell’era dell’informazione per come la conosciamo oggi, alla storia di telefono, telegrafo, microchip e mouse. Non sono solo i prodotti immateriali, la conoscenza, a costruire le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Ma anche per i prodotti della scienza applicata vale l’amore di Gubitosa per l’intelligenza collettiva: in futuro, se la sua previsione è esatta, le invenzioni saranno sempre più «socio-tecnologiche», mentre «conteranno assai meno i nomi altisonanti». Per questo la ricetta finale del libro è uno stimolo lanciato a tutte le intelligenze connesse nella rete: dobbiamo tutelare lo sviluppo futuro della scienza, e il modo è uno solo: «partecipare, partecipare, partecipare».
da Liberazione