Renzo Tomatis: L’ombra del dubbio

La scienza, anche la ricerca medica, come continuazione dell’impegno umano e sociale, come parte integrante del percorso culturale dell’essere umano. Renzo Tomatis è stato un interprete non comune di questa visione della scienza: medico, ricercatore di fama internazionale – ha diretto per lunghi anni l’Agenzia per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità – ma anche scrittore e protagonista di battaglie per la prevenzione del cancro, contro gli interessi aziendali e i loro condizionamenti alla ricerca, in aiuto dei lavoratori colpiti da patologie legate all’esposizione ad agenti tossici e cancerogeni.

L’ultimo suo libro, L’ombra del dubbio (144 pagine, 13,50 euro) ,pubblicato postumo dall’editore Sironi e impreziosito dalle prefazioni di Claudio Magris e Paolo Vineis, è una raccolta di racconti che hanno sempre al centro la professione del ricercatore. Il primo soprattutto, quello che dà il titolo al volume, è un manifesto della sensibilità di Tomatis per i conflitti di interessi, i patteggiamenti continui con le dinamiche di potere e la perdita dell’innocenza che caratterizzano il lavoro di chi fa ricerca in un settore tanto delicato e importante, ma con tanti legami con l’industria, come quello medico. I protagonisti, compreso il narratore in cui si riconoscono tratti autobiografici, sono invischiati in gelosie, legami nascosti con finanziatori non del tutto limpidi e condizionamenti che ne piegano l’attività di ricerca indirizzandola verso verità non sempre cristalline.


In tutto il libro insomma l’ombra del dubbio oscura la “torre d’avorio” della scienza, serpeggiando tra i laboratori e gli uffici di ricercatori in competizione tra di loro e mai certi dell’onestà totale dei colleghi. Ma a tratti viene rischiarata da una tensione morale, che del Tomatis medico e attivista è stata una delle caratteristiche più notevoli. Una delle sue lezioni è forse questa: dipingere la scienza come un’attività perfettamente trasparente, disinteressata e orientata solo verso la ricerca della verità e il progresso non è solo un’operazione ideologica controversa (e ben lontana dalla realtà).

Ma anche, e soprattutto, una mancanza di rispetto verso una professione e un mondo che anche e soprattutto dal confronto aperto con i meccanismi sociali ed economici del suo tempo può trarre giovamento e migliorare se stessa. In questo senso il libro di Tomatis (insieme ad altre sue opere come Il fuoriuscito o Storia naturale del ricercatore, per citarne alcuni) è una lettura scomoda ma utile, un esercizio a non accettare passivamente alcuni modi in cui parte del mondo scientifico dipinge se stesso.

I legami con l’industria del tabacco o con quella dell’amianto, per fare alcuni degli esempi citati dall’autore, hanno condizionato per anni la ricerca sul cancro, impedendo la divulgazione di risultati sperimentali o epidemiologici che dimostravano ampiamente la nocività della sigaretta. Ancora più tragico è il legame con le malattie che si studiano, vissute da alcuni protagonisti sulla propria pelle in un drammatico contrappasso di sofferenza e perdita del distacco dall’oggetto di studio.

Un’altra caratteristica dei racconti che compongono questo libro è la loro collocazione storica e geografica: gli Stati Uniti degli ultimi quaranta-cinquant’anni, in cui al felice miscuglio di nazionalità che si ritrovano a lavorare insieme nei centri di ricerca fanno eco tensioni irrisolte, la lunga eco della seconda guerra mondiale e, successivamente, del maccartismo con le sue ingerenze anche nelle vite dei ricercatori che accorrevano da tutto il mondo per sfruttare la ricchezza della scienza americana del dopoguerra ma anche per fuggire dai loro paesi o dalle loro storie di vita.

Questi aspetti entrano in campo con i personaggi che vivono al di fuori dei laboratori: un minatore italiano socialista o un cuoco serbo trapiantato a downtown Chicago, che trovano modo di far emergere contraddizioni e conflitti aspri che gettano un po’ di luce anche sul mondo privilegiato dell’università. Il loro girare per il mondo non è dovuto alle prospettive di carriera che animano i viaggi da un capo all’altro del mondo di un ricercatore ma, più semplicemente, alla fame, alla persecuzione politica, alla guerra, che li portava a compiere scelte a volte basate sul ricatto o sul compromesso. Ma basta scavare un po’ più a fondo nelle biografie degli scienziati tratteggiati da Tomatis per scoprire che per alcuni di essi le motivazioni, più o meno sommerse, non erano poi troppo diverse.

Liberazione, 28 maggio 2008