Chi ha ancora in mente l’immagine del capitalista ciccione con la bombetta e del povero lavoratore magro ed emaciato la può cancellare tranquillamente. Ai nostri tempi l’obesità è affare dei poveri, e chi la studia dovrebbe capire perché colpisce proprio loro. Tanto che SciDev ospita un editoriale del nutrizionista inglese Jonathan Wells, intitolato “I ricercatori sull’obesità devono capire come funziona il capitalismo”.
Dopo aver svolto una ricerca epidemiologica sulla diffusione dell’obesità nella città brasiliana di Pelotas, Wells ha deciso che gli scienziati non devono capire solo il “come” ma anche il “perché” di questo problema: per esempio, che “ciò che sta guidando l’epidemia di obesità è la rete di strategie economiche e interessi commerciali che fanno sì che gli individui cambino o mantengano alcuni comportamenti”. Il modo in cui l’industria li manipola è cruciale per la crescita della “nicchia obesogenica”.
Quindi, i ricercatori dovrebbero essere esperti anche nelle tecniche usate dalle aziende per massimizzare i profitti: “marketing, economia, previsione dei trend sociali”. In questo modo potrebbero giocare ad armi pari: “se l’azienda sa come vendere più biscotti, i ricercatori devono sapere come ottenere l’effetto opposto”. Wells conclude così: “il capitalismo è stato studiato soprattutto dagli economisti. E’ ora che lo facciano anche i ricercatori che si occupano di salute”. Suona ingenuo, ma siamo in un’epoca in cui pochi si ostinano a cercare di comprendere il sistema economico per trasformarlo. Partiamo dai grassi insaturi?