Ecco la versione italiana di una mia recensione appena pubblicata da New Media and Society.
La lunga lotta tra la repubblica della libertà e il regno della burocrazia si è spostata su internet. Cyberchiefs. Autonomy and Authority in Online Tribes di Mathieu O’Neil (Pluto Press 2009) è uno dei primi tentativi di analisi sociologica delle strutture di potere del web in relazione alla celebrata autonomia che la rete darebbe ai suoi utenti. L’autore si concentra sulla relazione tra la ricerca di autonomia e i processi reali che regolano la produzione diffusa e orizzontale di contenuti che avviene in progetti come quelli di free software o nella blogosfera – esempi ben noti di un nuovo tipo di sistema produttivo reso possibile dal web collaborativo, o web 2.0. O’Neil propone di definire una nuova forma istituzionale che lui chiama burocrazia tribale online e che è peculiare di internet e diversa dalle forme di organizzazione precedenti.
Il suo lavoro parte dall’idea che la ricerca di autonomia e autoorganizzazione sia una delle forze trainanti della rete. L’ideologia di internet ci spinge a diventare prosumer, e quindi a sentirci liberi di essere giornalisti, artisti, autori – produttori autonomi. Chi partecipa a un progetto online non è soggetto a una gerarchia aziendale ma può decidere liberamente se produrre o meno e a quale parte del progetto vuole contribuire, per esempio una voce di Wikipedia o un pezzo di codice nello sviluppo di software libero. Del resto, come hanno fatto molti altri studiosi, O’Neil fa risalire le radici della ricerca di autonomia online alle controculture e ai movimenti sociali degli anni sessanta e settanta, che avevano messo al centro della loro agenda politica la lotta contro burocrazie e poteri. Ma l’autonomia non è solo un imperativo politico: è anche una delle logiche di funzionamento della produzione orizzontale online e «le richieste di maggiore creatività e autonomia da parte delle controculture, lungi da essere aberrazioni che interessano solo gli hacker, sono il paradigma dominante delle economie di mercato odierne».
I collettivi che gestiscono i progetti di web 2.0 analizzati da O’Neil sono definiti tribù epistemiche, cioè comunità di pratica composte da esperti che cercano di bypassare l’organizzazione gerarchica della vita quotidiana, opporsi allo Stato, rigettare l’economia di mercato e dar vita a una nuova forma di produzione, orizzontale e cooperativa. Cercano anche di creare istituzioni autonome: forme di organizzazione necessarie per portare a termine i compiti che la tribù vuole svolgere. Ma le istituzioni richiedeono autorità, e per essere efficaci i progetti hanno bisogno di regole e di leader che siano autorizzati a farle rispettare. L’obiettivo di O’Neil è capire in che modo questi leader (i cybercapi delle tribù online) legittimano il loro potere e come autorità e autonomia coesistono nell’ambiente cooperativo di internet. Per rispondere a queste domande, l’autore si basasu diverse tradizioni teoriche, mescolando sociologia, diritto, teoria politica e media studies. Al cuore del libro Weber, Bourdieu e la sociologia post-Bourdieu vengono usate per costruire una cornice teorica che permetta di affrontare il problema del potere nei mondi online. O’Neil remixa quindi spiegazioni classiche del potere con la teoria della giustificazione di Thevenot e Boltanski. In questo modo può prendere in considerazione non solo i tipi di autorità presenti nei progetti online analizzati nel libro, ma anche le strategie che i loro leader usano per giustificare le loro azioni e quindi creare e rinforzare la loro autorità.
I casi di studio di Cyberchiefs sono molto eterogenei: le quattro tribù online analizzate spaziano da Wikipedia al sistema operativo free software Debian, fino al famoso blog politico statunitense Daily Kos e al sito anarco-ecologista Primitivism.com. In tutti questi casi l’autore analizza i meccanismi decisionali, le strutture usate dai loro membri per discutere e deliberare e i modi in cui affrontano i conflitti interni, i nemici e gli attacchi che mettono in pericolo il progetto. Durante questi momenti critici qualcuno deve far rispettare le regole, usando per esempio la censura o bannando. Ciò conduce al problema dell’autorità e dei suoi processi di legittimazione. Secondo O’Neil le giustificazioni dei ruoli e delle attività dei leader sono sempre legati all’imperativo dell’autonomia. Quando un admin di Wikipedia banna un utente o quando la censura colpisce Daily Kos, è sempre per aumentare l’autonomia che il progetto fornisce ai suoi partecipanti.
Poi, basandosi sulle idee di Weber e Bourdieu su potere e autonomia, O’Neil classifica i suoi casi di studio usando «un asse individuale di carisma mediato dalla tecnologia», cioè il carisma riconosciuto dall’etica hacker e basato sulle abilità tecniche, e «un asse collettivo di sovranità democratica», il classico potere burocratico e istituzionalizzato. Ma le burocrazie aziendali e quelle tribali sono diverse. Nei progetti online come quelli analizzati in Cyberchiefs, l’autorità carismatica dell’esperto non è in opposizione all’efficienza richiesta da una burocrazia e dai suoi meccanismi impersonali. Nelle burocrazie tribali online – contro la spersonalizzazione delle classiche organizzazioni weberiane – «l’iniezione di autorità carismatica in modelli burocratici ristabilisce la connessione tra ruoli e persone».
Quindi la conclusione ottimista della riflessione di O’Neil è che anche se il web 2.0 non è il paradiso della libertà e dell’autonomia descritto da diversi resoconti naif (ma ancora molto diffusi), esso non diventerà nemmeno una forma di gerarchia pre-capitalistica priva di alcuna forma di controllo democratico moderno. I progetti cooperativi online potrebbero invece seguire un cammino migliore, dirigendosi verso una relazione più autonoma e liberatoria tra produttori. Ma quasto non si può dare per scontato prima di analizzare e sottoporre a critica le loro dinamiche concrete
In questo senso Cyberchiefs è un passo nella direzione giusta, ma probabilmente abbiamo bisogno di più ricerca empirica e di più riflessione teorica e politica. Eppure per me questo libro non si limita a offrire una proposta teorica interessante – anche se non del tutto innovativa – che ci obbliga a ripensare le dinamiche sociali coinvolte nelal relazione tra autonomia e autorità. Ci propone anche un punto di vista fresco sulle dinamiche dei gruppi, e fornisce uno sguardo in profondità sui progetti di cooperazione online, contro chi afferma che la forma di organizzazione a network sia di per se stessa un assetto sociale liberatorio.