Clima: ogni presidente deve sapere che…
If you want to lead the free world, you’d better know your physics. Tradotto significa: vuoi diventare presidente degli Stati Uniti d’America? Allora devi conoscerne la fisica. Lo sostiene Nature, che fornisce agli aspiranti presidenti un test per confrontarsi con le loro conoscenze su energia, emissioni, consumi.
Le domande sono diverse, ma toccano molti degli argomenti più spinosi che la politica (e tutti noi) deve affrontare, non nei prossimi anni ma immediatamente. Per esempio: a quanti watt corrisponde la luce del sole che cade su un’area di un chilometro quadrato?
Quante morti per cancro sono state stimate per l’incidente di Chernobyl? C’è più energia nella benzina o nel TNT? Qual è l’efficienza massima della tecnologia a celle per il solare?
Cervelli in fuga dall’Africa
Cervelli in fuga anche dall’Africa. È questo l’allarme che periodicamente si alza dalle istituzioni scientifiche africane. Fin qui niente di nuovo, l’Italia è maestra nel mandare i migliori laureati all’estero e nel far di tutto per non farli rientrare. Ma in questo caso stiamo parlando di ricercatori davvero importanti per un continente afflitto da continui problemi alimentari e agricoli: gli agronomi.
Un nuovo programma internazionale sponsorizzato da un fondo statunitense di quasi 5 milioni di dollari cercherà di aiutare i ricercatori a restare in Ghana. Una misura preventiva, da attuare prima che la loro fuga abbia inizio. Infatti non si tratta solo di farli tornare: un agronomo che si forma e lavora sul terreno, nel suo paese, potrà contribuire molto meglio all’agricoltura locale rispetto a chi impara in un laboratorio in Europa o Stati Uniti, le mete preferite dai cervelli in fuga africani. Ora la Alliance for a Green Revolution in Africa (AGRA), presieduta da Kofi Annan, ex segretario generale dell’Onu, collaborerà con l’Università del Ghana, a Legon, per lanciare un centro di miglioramento delle sementi, e con l’Università di KwaZulu-Natal in Sudafrica. I primi corsi partiranno nel gennaio del 2008, e in dieci anni AGRA conta di formare 120 dottori di ricerca africani, cresciuti lavorando sulle piante africane e sulle loro malattie, spesso diverse dalle nostre.
A fin do mundo!
Il 24 ottobre il Wwf presenta in Cina il suo nuovo Living Planet Report. Il documento contiene una data che in poche ore fa il giro del globo, rimbalzando su tutti i giornali: la data della fine del mondo. È il 2050, anno in cui, a questi ritmi di crescita, serviranno le risorse di due Terre per far fronte alle esigenze dell'umanità. Nuovi pianeti abitabili non sono in vista, e la catastrofe si avvicina.
È l'eterno ritorno delle paure millenaristiche? Un bug ecologico di inizio millennio? Consultando la sfera magica del web appare una risposta fredda e implacabile: siamo pieni di profezie che annunciano la fine del mondo. Senza entrare nel merito delle solidissime ragioni del Wwf, si può considerare questo episodio come uno dei tanti che periodicamente rimescolano il frame «apocalisse» all'interno della cultura globale.
Il sito più completo tra i tanti che parlano di fine del mondo è Doomsday Guide, che costruisce una tassonomia maniacale dei diversi tipi di fine del mondo. Religiosa, tecnologica o ecologica, annunciata da oscure profezie indiane o dal libro delle rivelazioni, nucleare o naturale, su Doomsday Guide c'è una fine del mondo per tutti i gusti.
Scaricatevi la guida per prepararvi a sopravvivere alla fine del mondo.
Scaricatevi anche il report del Wwf.
Leggete cosa succederebbe se la specie umana scomparisse improvvisamente. Qui c'è anche un bel grafico.
Addio, Murray
Il Burlington Free Press è lo storico quotidiano di Burlington nel Vermont, uno degli Stati più selvaggi dell’Unione americana. Sdraiato proprio sulla strada tra New York e il Quebéc, nei boschi che ricoprono le dolcissime Green Mountains, questo piccolo territorio ha solo mezzo milione di abitanti, forse più vacche che cittadini, e una tradizione democratica, municipalista e liberale proverbiali.
Il viaggio da Burlington a Portland, nel Maine, dura quasi quattro ore di highway e non ci metto molto ad arrivare alla pagina degli obituaries del BFP. Lo scopro così, ieri (il 30 luglio 2006, ndr) a Burlington è morto Murray Bookchin.
Non potrò andare ai suoi funerali, sto lasciando il Vermont e non so quando ci tornerò. Ma voglio comunque aggiungere un piccolo obituary ai tanti che verranno scritti per Bookchin: era nato a New York nel 1921, si era formato come marxista ma, giovanissimo, durante la guerra di Spagna si era avvicinato agli ideali libertari. Aveva poi dedicato gli ultimi cinquant’anni della sua vita a coniugare ecologismo e municipalismo, anarchia e lotta alla gerarchia in ogni sua forma. Il suo primo libro, Our synthetic environment, fu nel 1962 uno dei primissimi testi a porre l’attenzione sulla questione ecologica, pochi mesi prima del ben più noto Primavera silenziosa di Rachel Carson, la cui nuova edizione sfoggia la prestigiosa prefazione di Al Gore.