Alla conferenza internazionale del Codata (Committee on Data for Science and Technology) che si è tenuta a Pechino dal 23 al 25 ottobre, il ministro della scienza e della tecnologia Xu Guanhua ha presentato il piano cinese di data sharing. Si parla di rilasciare in forma aperta, liberamente accessibile via internet, l’80% dei dati scientifici cinesi relativi alle «scienze pure» come matematica, fisica e chimica.
Per farlo la Cina vuole realizzare quaranta centri di raccolta dei dati entro il 2010, tutti accessibili liberamente (naturalmente attraverso il portale del ministero). Pare che molto del lavoro necessario sia già stato portato a termine, e che anche gli standard di condivisione siano a buon punto. La locomotiva scientifica cinese, che quest’anno ha investito otto miliardi di dollari e si aspetta di crescere del 19 per cento l’anno prossimo, si propone di fare da apripista al movimento globale per l’open access nella scienza. Anche perché la comunità scientifica cinese si è lamentata per la scarsa circolazione dei dati, e secondo Xu è proprio quella la causa del «mancato raggiungimento degli obiettivi cinesi riguardo all’innovazione». Proprio così.
Qu Guosheng, uno scienziato del National Earthquake Response Support Service, ha dichiarato a SciDev che «in parte la ragione è che le istituzioni scientifiche che posseggono più dati sperano di monopolizzarli per poter produrre maggiori risultati scientifici in proprio». Ma il ministro Xu risponde di essere al corrente del problema. Il suo ministero sta lavorando a una serie di modifiche alle leggi cinesi per rendere obbligatoria la libera condivisione dei dati scientifici per tutte le ricerche finanziate con denaro pubblico. Per ora saranno sottoposte a revisione, nel corso del 2007, le leggi che si applicano alle «scienze pure».
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Di pubblicazione open access obbligatoria per i dati prodotti da ricerche finanziate con denaro pubblico ho scritto anche qui