Quando News-Press, il giornale di Fort Myers in Florida, ha chiesto ai suoi lettori di Cape Coral di aiutare il giornale a capire il perchè dei prezzi elevati delle forniture dell'acqua alle case, il suo sito ha avuto in un mese più contatti che in tutta la sua storia. Centinaia di persone da tutto il mondo, ingegneri in pensione e ragionieri curiosi hanno investigato e prodotto un reportage che ha costretto la città ad abbassare le tariffe.
Questa è solo una delle tante storie che secondo Jeff Howe, inventore del termine crowdsourcing, hanno portato il grande gruppo editoriale Gannett a interessarsi dei cosiddetti users generated contents. E a lanciare un progetto che da maggio li integrerà nelle novanta testate statunitensi possedute dal gruppo, tra cui Usa Today, uno dei quotidiani più diffusi al mondo.
Il crowdsourcing è un modello di produzione che abbatte le mura dell'azienda per mettere al lavoro l'intelligenza collettiva di volontari sparsi nella rete per risolvere problemi, creare contenuti o sviluppare nuove tecnologie. Applicato alla stampa, significa dare parola ai lettori che vorranno interagire con i giornali mandando notizie o commentando e votando quelle già pubblicate. Il tutto implementando le risorse web a discapito dell'edizione cartacea. Con questo progetto Gannett si propone di dare più spazio alle notizie locali; fornire un servizio di news continuo, nel quale il sito internet acquisti importanza; usare i comuni lettori come giornalisti e come «watchdog», in grandi servizi di investigazione.
La crescita della rete sta infatti mettendo in difficoltà i giornali, che secondo molti analisti dovranno al più presto reagire, aprendosi ai loro lettori e funzionando come una comunità e non più solo come una fonte di notizie e di analisi. Anche Il Manifesto, giornale in crisi per eccellenza ma con una comunità di lettori molto forte, se ne è occupato recentemente.
Qui l'articolo di Jeff Howe su Wired.