«Il Web non è fatto solo di computer. Il Web sono persone che, certo, sono connesse tramite i computer. Ma l'informatica, che studia quello che succede in un pc, non ci dice quello che succede nel Web». Parola di Tim Berners-Lee, il padre del World Wide Web, concepito quando lavorava nei laboratori del Cern di Ginevra.
Il 2 novembre Berners-Lee ha lanciato un programma di ricerca che si chiama «Web science» e che studierà la struttura della rete nelle sue due dimensioni: sociale e ingegneristica. Infatti la forma di produzione dei contenuti sul Web 2.0 è collettiva, frutto di milioni di intelligenze connesse dalle tecnologie decentrate di internet. Comprendere questo magma e i suoi risultati sarà lo scopo della Web Science Research Initiative di Berners-Lee, che oggi lavora al Mit di Boston e all'Università di Southampton. In uno sforzo congiunto, le due università daranno ai propri studenti la possibilità di seguire un piano di studi di Web science, e entro due anni inaugureranno veri e propri corsi di laurea.
La Web science si focalizzerà sui grandi sistemi decentralizzati di computer e sulle applicazioni tecniche che stanno dando vita al cosiddetto Web semantico, l'internet prossimo venturo. Sono quei software (probabilmente eredi dei motori di ricerca) che non si limiteranno a individuare parole o link ma capiranno e interpreteranno il significato dei contenuti di internet per aiutare le intelligenze umane a lavorare collettivamente nella rete. Un vecchio pallino di Berners-Lee, che già nel 1998 aveva delineato la sua «Road map del Web semantico».
Anche per questo Berners-Lee ci tiene a specificare che «il Web è fatto dalla gente», e che gli aspetti sociali saranno una parte importante del suo programma. Perchè «la cosa più importante del Web è che è uno spazio universale». Ma nella versione 2.0, con contenuti sempre più generati dagli utenti, anche il peso economico della rete è in crescita vertiginosa. E così Eric Schmidt di Google, la regina di internet, può sottolineare che questo campo di ricerche «avrà una grande influenza sulla prossima generazione di ricercatori, scienziati e, più importante, sulla prossima generazione di imprenditori che costruiranno nuove imprese nel Web».
Il Manifesto, 9 novembre 2006