«La missione di Google è organizzare le informazioni a livello mondiale e renderle universalmente accessibili e fruibili», lo dichiara poco modestamente la stessa azienda. Però non c'è dubbio: i motori di ricerca sono indispensabili per leggere quel formidabile strumento della cultura umana che è il Web, e Google si è imposto su tutti come il motore di ricerca per eccellenza.
Da una piccola stanza di Stanford stracolma di computer di seconda mano all'attuale gigantesco Googleplex di Mountain View, Sergey Brin e Larry Page hanno dotato la loro creatura di due caratteristiche vincenti: l'algoritmo di ricerca PageRank e un'immensa potenza di calcolo e di memoria.
In Google e gli altri. Come hanno trasformato la nostra cultura e riscritto le regole del business (Raffaello Cortina, 395 pagine, 24,50 euro) John Battelle, uno dei fondatori della rivista Wired, ricostruisce la storia di Google e della gara con «gli altri»: Yahoo!, AltaVista, Excite.
Ma non è sufficiente elogiarne l'incredibile successo economico e tecnologico. I motori di ricerca stanno usando le loro risorse hardware e software per costruire quello che Battelle chiama «Database delle Intenzioni»: immagazzinano e analizzano una quantità portentosa di dati basati sui nostri «click», che corrispondono ai nostri interessi, al nostro lavoro, alle nostre relazioni.
Il «Database delle Intenzioni» è già all'opera, ma secondo l'autore ha ancora immense possibilità di sviluppo. Oggi, per esempio, Google lo usa per mettere nella sua colonna di destra pubblicità legate all'argomento della nostra ricerca. Se l'intelligenza artificiale prenderà vita da qui, nascerà come un software semantico, capace cioè di interpretare i contenuti del Web. Capirà chi siamo scandagliando i dati delle nostre ricerche, ma anche quelli delle nostre email e dei nostri documenti.
Del resto chi installa Google Desktop Search apre a Google il suo hard disk, mentre chi usa Gmail o Google Spreadsheets deposita i suoi dati direttamente nelle gigantesche «farm» di Mountain View, le «fattorie» di server che costituiscono il cuore di Google. L'unica garanzia per la nostra privacy è la fiducia nel retorico motto di Google: «Don't be evil».
Le Scienze, dicembre 2006