I fumetti del Prof. Bad Trip

La Shake edizioni continua con la sua opera di recupero della produzione del Prof. Bad Trip, uno degli artisti più innovativi prodotti dall’underground italiano dagli anni ottanta a oggi, scomparso un anno e mezzo fa e cui aveva già dedicato un altro volume, L’arte del professor Bad Trip, e un sito internet per mantenerne vivo il ricordo.

Stavolta invece un libro raccoglie i fumetti del professore (I fumetti del Prof. Bad Trip, 256 pagine, 15 euro), pseudonimo di Gianluca Lerici, un grande interprete dei mutamenti politici e tecnologici che hanno attraversato il mondo negli anni del post-fordismo, del riflusso della politica e della tragedia ecologica.

Proveniva dal mondo del punk, dell’autoproduzione e dei centri sociali, e in queste culture ha radicato tutta la sua opera, annaffiandola con una buona dose di psichedelia, odio per l’autorità e ironia. Il soprannome se lo era dato da solo, professore che insegna ai suoi studenti come uscire vivi da quel brutto trip che è la vita al tempo della catastrofe. Ne avremmo ancora bisogno, del suo sguardo diretto e tagliente, del suo naturale muoversi nei mondi dell’illegalità e della violenza, della sua capacità di prendere per il culo i potenti e gli sbirri di ogni tipo: dal suo cervello uscivano mutanti divertentissimi, che sembrano tanto meno terribili dei robocop palestrati e dei lampadati in doppiopetto e fascia tricolore che appestano il nostro paese, tutti accomunati dall’uso smaliziato di croci celtiche e dall’odio per qualunque forma di vita non uniformata al loro ideale dio-patria-famiglia.

Nelle 256 pagine di questo libro la Shake raccoglie capolavori di delirio visivo su cui aleggia lo spettro del controllo, tecnologico, computerizzato o psicotropo che sia: un 1984 perenne in cui al Grande Fratello si oppongono personaggi fuori controllo come hacker tossicomani, tecno-ribelli e mutanti punkoidi. La sua matita non dava tregua nemmeno a un millimetro delle tavole che disegnava, riempiendole di quei vortici di china che restano la sua firma visiva. Riconoscibilissima, un certificato di garanzia per gli occhi.

Se volete farvi un’idea di quello che saranno le nostre città al tempo del tecnocontrollo e della catastrofe sociale ed ecologica fatevi un pass taroccato e un giretto in un bordello virtuale con il Detective Psycho. Se invece volete sapere cosa ne pensava il professore dei bastardi dei quartieri alti date un’occhiata a Amo vivere in città, in cui Bad Trip mette in scena una canzone dei Fear, seminale gruppo punk californiano votato all’autodistruzione e famoso per annoverare tra i principali fans niente meno che John Belushi, tanto per capirci. Quei coglioni del mondo di sopra “vogliono solo ingrassare e tingersi i capelli”, circondati di guardie che proteggono le loro villette da incubo ballardiano mentre le gente muore di eroina e di violenza nelle strade.

E a proposito di Ballard, in questo volume c’è anche Crash, breve opera che riprende uno dei più celebri e paranoici romanzi dello scrittore britannico. Anche qui, delirio, violenza, macchine che si mescolano con la carne dei protagonisti in un tripudio di sangue e cervella spappolate. Le mie preferite, però, restano le card Mondo Tecno del professore: vere e proprie figurine di mutanti punk, tecno-papi psicoattivi e chi più ne ha più ne metta, a comporre un universo di freak da collezione.

E poi insomma, se volete proprio sapere la verità, io questi fumetti li avevo già quasi tutti. La copia omaggio che con paraculaggine mi sono fatto mandare dalla Shake l’ho letta da cima a fondo e poi l’ho regalata a un amico che non conosceva il professore (perdonato, non è italiano). Ho scritto la recensione. E ora però il libro me lo vado a ricomprare: spero solo di non dover scendere nei livelli più bassi per trovarlo, dove regna l’anarchia e dove il contrabbando gestito dai ribelli si dedica, più che altro, a smazzare droghe pesanti. Però per i Distops del cinquantesimo livello è sempre l’ora della Tecno class war, alla faccia dei capoccia della Onirikon Transcorporation, che vorrebbero ingabbiare per sempre i nostri sogni di libertà.

Queer, 29 giugno 2008