Sergio Bologna sulla Writers Guild of America

Dal Manifesto del 19 febbraio un commento di Sergio Bologna sullo sciopero degli sceneggiatori americani.

Mentre l’Italia registrava l’ennesima morte sul lavoro e le lacrime di
coccodrillo da sottile rivolo diventavano torrente in piena, io passavo
ore a seguire sul video del mio computer di casa le vicende dello
sciopero degli sceneggiatori americani. Non è per raccontarlo, meglio
di me altri lo hanno fatto, ma per riflettere sulle possibilità della
comunicazione oggi che propongo queste considerazioni. Per dire che il
soggetto è doppio, noi che seguiamo da lontano e loro che laggiù
agiscono e la riflessione va fatta su tutti e due, perché ambedue siamo
coinvolti in un processo di trasformazione. Perché ci ho speso del
tempo? Perché ormai i comportamenti conflittuali dei «lavoratori della
conoscenza» e della «classe creativa» sono diventati il centro della
mia riflessione; ritengo questa una delle componenti sociali più
dinamiche in tutti i sensi.

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Genoma open access… per le bistecche

Genomica nel piatto: i consumatori non vogliono mangiare carne e latte di animali clonati, ma senza un’etichettatura adeguata come risalire ai processi di produzione degli alimenti? Come distinguere una braciola clonata da una normale?

La soluzione l’ha proposta Patrick Cunningham, consigliere del governo irlandese per la scienza, al meeting della American
Association for the Advancement of Science (AAAS): pubblicare i dati genetici di tutti gli animali clonati e renderli accessibili a chiunque, per favorire la tracciabilità degli alimenti. Nel suo intervento, intitolato "Dolly for Dinner", Cunningham ha specificato che in questo modo produttori e venditori attenti alle esigenze dei loro clienti potrebbero usare un sistema di tracciabilità genetica per confrontare il dna delle carni con quello pubblicato sui database.

Per esempio, i supermercati potrebbero comprare il sistema di tracciabilità sviluppato da IdentiGEN, una impresa irlandese di cui Cunningham è fondatore e presidente, che ha aperto da pochi mesi i suoi uffici e laboratori negli Stati Uniti.

Tav e ponte: Le ragioni del no

I media, e la politica di palazzo, li hanno dipinti come il “popolo del no”, ostacolo al progresso e al benessere del paese, ignoranti, egoisti interessati solo al cortile di casa e magari anche violenti. Eppure i movimenti che si scontrano contro una certa idea di progresso non sono solo portatori di un’idea differente di sviluppo e di benessere. Sono anche un esempio di democrazia e di un nuovo modo di rapportarsi al sapere tecnico e alla politica.

Non lo dice un Beppe Grillo qualunque, ma uno studio sociologico che si è concentrato su due mobilitazioni simbolo delle lotte contro le devastazioni ambientali: contro la Tav in Val di Susa e contro il ponte sullo stretto di Messina. Le conclusioni sono state pubblicate in un libro, Le ragioni del no (Feltrinelli, 192 pagine, 11 euro) da Donatella della Porta e Gianni Piazza, due studiosi dei movimenti sociali che hanno deciso di puntare l’obiettivo sui “cortili” di casa nostra per trarne un quadro che ai problemi locali si allarga ad abbracciare tematiche di interesse ben più ampio. Ne abbiamo discusso con Donatella della Porta.

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Il libro sacro del Prodigioso Spaghetto Volante

S’è mai vista una religione seria senza Libro? No, ed era ora che il Prodigioso Spaghetto Volante, sua appendosità, manifestasse il suo volere anche nel paese di Bagnasco e della Binetti. Chi non conosce la storia della lettera aperta inviata dai suoi fedeli al consiglio scolastico del Kansas se la legga. Il Pastafarianesimo è una religione come si deve, e io mi sono mandato subito a prendere una maglietta per farle un po’ di propaganda

Il libro invece non l’ho letto e non sono nemmeno riuscito a farmelo spedire dalla casa editrice (ma spero ancora). Comunque, amici fidati e devoti sparsi garantiscono che Il libro sacro del Prodigioso Spaghetto Volante di Bobby Henderson (Mondadori, 174 pagine, 15 euro) si trova già in libreria. Mi sorge un unico dubbio: il culto del Flying Spaghetti Monster confligge con quello del nostro Santo?

Uuuuuua-ta-ta-ta-ta-ta-ta-ta

L’olocausto
nucleare si è abbattuto sulla società moderna. In una
terra tetra e polverosa si aggira ciò che rimane della
civiltà: frotte di sbandati che vivono alla giornata, mutanti
e predoni a cavallo di motociclette e assetati di distruzione, uomini
retti che si battono in nome del Bene”. C’è bisogno di altro per riconoscere il mondo di Ken il guerriero?

L’intro e la notizia le rubo da Punto informatico, che annuncia la nascita del MMORPG (Massive multiplayer
online game) Hokuto No Ken Online, un mondo virtuale in cui potranno scannarsi migliaia di giocatori
contemporaneamente. In questi giorni in
giappone la casa produttrice sta reclutando i 15.000 volontari necessari per
testare la versione sperimentale: se capite il giapponese potete offrirvi e scegliere: scuola di Nanto o scuola di Okuto?

Anfibi.org sta emergendo

Dopo varie traversie è finalmente online il blog degli anfibi, il gruppo di ricercatori, scienziati e comunicatori che da qualche mese ha scritto un manifesto sottoscritto ormai da più di cento persone. Il blog si propone di essere una fonte di informazioni ma anche un luogo di confronto, tra i cento anfibi ma anche con chiunque sia interessato al ruolo della comunicazione, terzo incomodo nell’armadio della camera da letto di scienza e società.

In questi giorni sta cominciando a popolarsi di articoli e, speriamo, comincerà a dar vita a un po’ di dibattito. E se non avete ancora sottoscritto il manifesto, pensateci. Lunga vita!

Il popolo del NoTube!

Con colpevole ritardo segnalo l’articolo di Jenner Meletti e Paolo Rumiz sulla Repubblica di un paio di settimane fa. E’ la prima volta che la stampa nazionale si occupa della campagna NoTube, che ha scaldato la politica piacentina degli ultimi mesi: una serie di progetti per centraline idroelettriche sui corsi d’acqua più belli e importanti dal punto di vista naturalistico della provincia (su tutti, il Trebbia), depositati da una società presieduta da Chicco Testa, ha scatenato l’opposizione di un comitato ad hoc e della quasi totalità della popolazione della provincia.

Anche in questo caso è stata la mobilitazione dal basso a dare un segnale ai politici e ai tecnici che avevano propagandato le centraline come grande occasione di sviluppo. Per ora siamo arrivati a un pronunciamento unanime del consiglio provinciale, e al ritiro dei progetti più devastanti. Grazie a firme, manifesti, presidi, assemblee, ma anche grazie alla produzione di sapere scientifico-tecnico da parte del comitato. Si ritorna sempre lì: chi ha ragione? Loro o noi?

Qui potete scaricare l’articolo di Repubblica in pdf, e qui ascoltare la puntata dedicata a NoTube da Radio Laser. 

Vegan is not a crime

Il governo britannico ha risposto alla petizione, inviata da decine di personalità del mondo vegetariano, che chiedeva di "legalizzare" i termini "vegan" e "vegetarian". Non che sia proibito pronunciarli, ma non hanno quella definizione di valore legale che in campo alimentare è garantita, per esempio, al termine "biologico". Una bella differenza, quando un consumatore deve valutare l’etichetta di un prodotto.

Ora il governo UK ha ammesso che le direttive europee che definiscono il significato di questi termini non sono sufficienti, e che le linee guida in proposito della Food Standards Agency non sono obbligatorie. Per questo si è impegnato ad analizzare l’efficacia di queste linee guida ed eventualmente a rivederle periodicamente. Sembra che l’India, da questo punto di vista, sia la nazione più attenta all’etichettatura dei prodotti vegani e vegetariani. Qui la nota del Ministero della sanità indiano.

Qualcuno scarica – tutti pagano – qualcuno guadagna

L’associazione dei cantautori canadesi ha proposto di introdurre una licenza collettiva, il “Diritto di equa remunerazione per la condivisione di file musicali”. Si tratterebbe di legalizzare lo scambio di file coperti da copyright per mezzo dei sistemi peer to peer. In cambio, si applicherebbe una tassa una tantum di 5 dollari su ogni connessione internet canadese, i cui proventi sarebbero poi distribuiti ai detentori dei diritti d’autore.

Secondo gli estensori della proposta, “il file sharing è un fenomeno positivo perche aiuta a diffondere la musica, anche quella meno famosa, ma bisogna fare in modo di retribuire adeguatamente chi la produce”. Il problema, che sta alimentando le critiche dei blog di mezzo mondo, è che da una parte ci sono moltissimi di utenti di internet che non scaricano musica, e che sarebbero colpiti comunque da questa tassa. Inoltre, una volta retribuiti i musicisti (o meglio, le case discografiche), bisognerebbe pensare anche a chi produce film, software, libri… insomma, tutto ciò che si puo scaricare gratuitamente dalla rete. Un rapido calcolo porta la tassa a un paio di migliaia di dollari all’anno per ogni connessione internet.