Web 2.0: Before, during and after the event

Il nuovo numero della rivista australiana Fibreculture è tutto dedicato a teoria critica e web 2.0. Il sottotitolo dice "before, during and after the event", perché la nascita e l’emergere della rete collaborativa è un processo ancora in atto ma i cui contorni sono già stati tracciati da un fiume in piena di libri, post e talk a congressi. Uno degli articoli più interessanti di questo numero di Fibreculture è Beyond the ‘Networked Public Sphere’ di Ben Roberts, che analizza l’utopia tecnocratica del web come forma di partecipazione di per sé migliore, più aperta, più democratica. Criticando Yochai Benkler, Roberts afferma che le istanze di partecipazione non possono basarsi solo sull’uso di uno strumento tecnologico, ma devono far parte di un progetto politico-economico ben più ampio.

In questo senso è interessante anche il breve saggio di Michel Bauwens, Co-creation and the new industrial paradigm of peer production, che magari non aggiunge molto di nuovo a chi già conosce la sua visione del peer-to-peer come dinamica sociale e non solo tecnologica, ma ha il pregio di racchiudere in poco spazio le sue tesi principali. Infine c’è anche il collettivo Ippolita, che con Geert Lovink e Ned Rossiter firma The Digital Given: 10 Web 2.0 Theses.

Tavola rotonda per Franco Carlini

Totem, l’agenzia di stampa fondata da Franco Carlini e responsabile, tra le altre cose, delle pagine di Chip&Salsa sul Manifesto, organizza una tavola rotonda per ricordare Franco. Di seguito copincollo l’invito. Al di là del fatto che la giornata si preannuncia interessante, credo che sia importante ricordare una figura di giornalista come quella di Franco Carlini: pioniere nell’avvicinarsi a Internet, lo ha fatto conservando lo sguardo attento da attivista politico formatosi nel gruppo del Manifesto ma soprattutto nel vivo dei movimenti degli anni settanta. E non era scontato.

"Politica condivisa: altruismo e democrazia nella rete. Parole e idee dedicate a Franco Carlini" questo il titolo della tavola rotonda organizzata da Totem per il 20 gennaio 2009 a Genova,
a partire dalle ore 9.00, presso l’Aula Mazzini dell’Università degli
Studi di Genova, Facoltà di Scienze Politiche (Via Balbi 5). 

Franco Carlini, prematuramente scomparso alla fine di agosto
2007, è stato tra i primi in Italia a interessarsi a internet e alla
rivoluzione digitale e alle sue conseguenze sulla cultura, la società e
la politica.
Ha raccontato questi cambiamenti come giornalista, li
ha analizzati come saggista, ha provato a indirizzarli come
intellettuale militante, li ha esplorati come imprenditore.
Tra i
motivi che spiegano il suo interesse per la rete c’ erano, non ultime,
le opportunità che questa apre per la costruzione di relazioni sociali
altruistiche e non esclusivamente utilitaristiche e commerciali.
Di
certo, Franco era affascinato dalle tensioni prodotte nel confronto fra
le pratiche altruistiche emergenti, potenziate dalle reti digitali, e
il funzionamento delle istituzioni sociali presenti, a cominciare dal
mercato. Di certo, si divertiva moltissimo a indagare i conflitti e le
opportunità che questa tensione produceva.
Lo scopo di questo
incontro è dunque quello di continuare a discutere di questi temi con
quell’approccio libero e multidisciplinare che era di Franco.

Scarica qui il programma 

Fatti la tua Repubblica

Vuoi spargere un po’ di panico in rete, o più semplicemente divertirti? Usa la nuova piattaforma blog di Fake is a Fake, che ti permette di riprodurre alla perfezione le pagine di La Repubblica, Osservatore Romano, Financial Times, Casa bianca e WTO.

Come dicono quelli di Fake is a Fake, per una volta puoi parlare con la voce del padrone. Lo dicono anche in un’intervista alla Repubblica: "finalmente il falso è alla portata di tutti". Approfittane.

There is not just one Truth.

There are not many Truths.


Tertium datur: Truth is nonsense.


– Luther Blissett –

 

Geert Lovink, il nichilista

Geert LovinkSul Manifesto di oggi un'interessante intervista a Geert Lovink, attivista e teorico dei media dell'Institute of Network Cultures di Amsterdam. Geert ha un nuovo libro in uscita, Zero Comments. Blogging and Critical Internet Culture e in questa intervista chiarisce alcune delle sue idee sul ruolo attuale e sulle potenzialità dei blog e della rete.

Il primo capitolo si intitola proprio Blogging, the nihilist impulse. Il nichilismo di Geert è questo: «I blogger non rappresentano altro che sé stessi. E in questo senso livellano, azzerano le strutture centralizzate di senso. Le autorità, dal Papa ai partiti alla stampa, non influenzano più la nostra visione del mondo. Sempre più persone si allontanano dai "vecchi media" quando sono alla ricerca di senso, informazione, intrattenimento. Niente di scioccante, se non per i giornalisti dell’industria broadcast che restano turbati da questa ovvietà come se fosse un tentativo di delegittimarli».

L'intervista di Nicola Bruno la trovate qui.

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L’ultima copia del New York Times

Si torna sul tema «morte dei giornali» con un libretto davvero ben scritto e documentato di Vittorio Sabadin, L'ultima copia del New York Times (Donzelli, 168 pagine, 15 euro).

Si legge tutta d'un fiato questa storia del declino dei giornali di carta e delle previsioni per il loro futuro, assediato dall'invasione di campo di internet e da quella del citizen journalism: cittadini che si fanno le notizie da sé.

Negli ultimi quindici anni i giornali hanno seguito strade piuttosto simili in tutto il mondo: riduzione del formato (e degli organici) per risparmiare carta e diventare più leggibili, esplosione di gadget e allegati per portare a casa qualche soldo extra, tentativi più o meno timidi di ampliare le forze dei propri siti internet.

Certo che in alcuni casi, come il Guardian inglese o alcuni quotidiani locali della Gannett statunitense, c'è stato più coraggio: articoli pubblicati in rete prima che sulla carta, raccolta di notizie dai lettori, uso degli strumenti collaborativi del web.

Probabile che molti li seguiranno, dato che secondo molti analisti nell'ora del giudizio universale (cioè quando tra pochi anni i quotidiani cominceranno a chiudere) si salverà solo chi già oggi ha sviluppato un rapporto virtuoso con internet, considerandolo uno strumento informativo da sfuttare e non un nemico da cui difendersi. Inutile dire che i piccoli-medi quotidiani italiani non nemmeno cominciato a pensare come reagire.

L'altro fortino per resistere all'assedio è quello scelto dai giornali iperlocali o da quelli fortemente radicati in una nicchia politica o culturale. I loro lettori potrebbero essere felici di pagarli di più pur di tenerli in vita. Per tutti gli altri il futuro sarà fatto di web, pubblicità e free press. Per quelli che avranno un futuro.

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Wired e il Manifesto ci pensano su

Ieri sul blog di Chris Anderson di Wired è apparso un interessante post che ipotizza alcune delle novità che la rivista potrebbe adottare per integrare carta e web e seguire le magiche parole d'ordine «trasparenza» e «partecipazione».

Sabato 16 agli Stati generali del Manifesto, che vuole rinnovarsi proprio guardando in quella direzione, i giornalisti e i lettori parleranno di cose simili. Ecco le proposte di Anderson:

1) Mostrare chi siamo: ogni redattore avrà il suo blog, la sua biografia e la spiegazione delle sue mansioni on line, e darà ai lettori la possibilità di contattarlo.

2) Mostrare su cosa stiamo lavorando: permettere l'accesso ai wiki su cui lavora il giornale.

3) «Il processo come contenuto»: mettere a disposizione del pubblico i materiali grezzi, per esempio le interviste prima del taglia-e-cuci redazionale, e permettere ai lettori di dire la loro anche su quello.

4) Privilegiare la folla: applicare il mitico crowdsourcing dando ai commenti la stessa importanza degli articoli, pubblicando in automatico le lettere al direttore, facendo commentare e votare tutto.

5) Lasciare che i lettori decidano cosa è meglio: usare Reddit, un software di social bookmarking, per misurare statisticamente l'interesse e il valore degli articoli secondo i lettori e costruire il giornale di conseguenza.

6) Wikificare tutto: Wired ci ha provato con «Veni. Vidi. Wiki», un articolo sui wiki scritto su un wiki dai lettori e pubblicato nella rivista. Ha funzionato.

Provate a immaginare un giornale fatto così, non sarebbe divertente? Naturalmente Anderson non si nasconde i mille problemi che potrebbero nascere da queste novità, ma garantisce che saranno tutte prese in considerazione.

Ah, avrei voluto linkare una pagina di presentazione degli Stati generali che Il Manifesto terrà sabato 16 dicembre a Roma, ma non l'ho trovata, evidentemente non esiste. Cominciamo male…

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noBlogs: socialmente connessi

«Blog senza logs»: la nuova piattaforma di blog messa a disposizione dal server autogestito di Autistici/Inventati si chiama NoBlogs e, in linea con la tradizione del collettivo di A/I, fornisce garanzie di anonimato e privacy. Anche evitando di conservare i log, le tracce delle operazioni che permettono di risalire a ogni movimento che facciamo su internet.

Insieme a NoBlogs, «contenitore di trame, energie spontanee ed autoorganizzate», Autistici/Inventati ha lanciato un servizio di social bookmarks simile al più noto del.icio.us. La ricetta è semplice: «Conserva i tuoi link preferiti in un unico posto raggiungibile ovunque. Condividili con chi vuoi. Assegna delle etichette in modo da poterli organizzare secondo le categorie che preferisci».

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Crowdsourcing news

Quando News-Press, il giornale di Fort Myers in Florida, ha chiesto ai suoi lettori di Cape Coral di aiutare il giornale a capire il perchè dei prezzi elevati delle forniture dell'acqua alle case, il suo sito ha avuto in un mese più contatti che in tutta la sua storia. Centinaia di persone da tutto il mondo, ingegneri in pensione e ragionieri curiosi hanno investigato e prodotto un reportage che ha costretto la città ad abbassare le tariffe.

Questa è solo una delle tante storie che secondo Jeff Howe, inventore del termine crowdsourcing, hanno portato il grande gruppo editoriale Gannett a interessarsi dei cosiddetti users generated contents. E a lanciare un progetto che da maggio li integrerà nelle novanta testate statunitensi possedute dal gruppo, tra cui Usa Today, uno dei quotidiani più diffusi al mondo. Continue reading “Crowdsourcing news”