BBQ or Proposition Two?

Proprio mentre esplode la BBQ season, la stagione del barbecue, una vera ossessione che crea ogni pomeriggio d’estate una cappa di fumo sui quartieri residenziali, gli Stati Uniti si trovano a discutere della crudeltà degli allevamenti intensivi. Pochi giorni fa la California ha deciso di sottoporre a referendum popolare la Proposition 2, una proposta di legge avanzata da associazioni animaliste e intitolata The Prevention of Farm Animal Cruelty Act (Legge sulla prevenzione della crudeltà sugli animali da allevamento). Quindi il 4 novembre i Californiani voteranno in massa per Obama, e questo è certo, e forse anche per una proposta che sta sollevando un dibattito serrato sin da ora.

La Proposition 2 metterà fuori legge le gabbie che non concedono abbastanza spazio agli animali per muoversi, sedersi, girarsi e allungare gli arti: una richiesta tutto sommato modesta, se ci pensate. Ovviamente gli allevatori rispondono che questa misura potrebbe espellere dalla California alcune attività produttive, per esempio gli allevamenti di galline ovaiole, per impossibilità di competere con chi adotterà i metodi di sempre: il 95 per cento delle uova americane (e mondiali) viene prodotto in batteria. La stessa cosa accadrebbe per le gabbie da gestazione usate nell’allevamento dei maiali, particolarmente strette e scomode, per usare un eufemismo, dato che non permettono alla scorfa praticamente alcun movimento.

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Seattle a piedi: non si va lontano

Mettiamo che abbiate un bel po’ di muscoli e di fiato, e di tempo libero. Potete farvi Seattle a piedi, su e giù per le sue colline e per i suoi quartieri. Questa settimana si è parlato molto di pedoni. Un po’ perché l’inquinamento atmosferico va sempre peggio anche a Emerald City, un po’ perché il governo locale sta cercando di lanciare qualche campagna anti-automobile.

La più discussa è quella che prevede le Car-free sunday, la domeniche senz’auto appena annunciate dal sindaco Nickel. Direte: da noi ci sono spesso e ormai pochi protestano. Ma quelle di Seattle, nonostante siano solo simboliche, stanno facendo incazzare parecchio commercianti e anche cittadini. Eppure sono una farsa: per tre domeniche, a turno, una via sarà chiusa alla traffico da mezzogiorno alle sei. Sì, avete capito bene, in tutto sono poche ore e pochi metri di ztl temporanea. Ditelo a quelli che già da ora stanno protestando: la domenica dobbiamo aprire i negozi, la gente deve andare in chiesa, perché non chiudete una via di Bellevue (i quartieri alti)? Se lo scopo era solo educativo, per ora sembra non funzioni nemmeno quello.

Intanto però il Dipartimento dei trasporti sta conducendo un’inchiesta per conoscere le abitudini pedonali dei Seattleites, i cui risultati verranno usati per scrivere il Pedestrian Master Plan, un piano cittadino per migliorare l’accessibilità delle strade ai pedoni. Se volete partecipare dite la vostra. Io alla domanda "perché cammini" ho risposto "for fun", mentre la maggioranza dei partecipanti sinora ha messo la crocetta su "per andare a fare la spesa". Alla faccia dei commercianti della 14ma avenue.

PS: sul sito del Seattle Post-Intelligencer, un quotidiano locale, qualcuno per commentare le Car-free sunday ha usato la parodia di una famosa canzone dei Dead Kennedys:

Seattle Uber Alles
Seattle Uber Alles
Uber Alles Seattle
Uber Alles Seattle

Zen fascists will control you
100% natural
You will jog for the master race
And always wear the happy face

Close your eyes, can’t happen here
Big Bro’ on white horse is near
The hippies won’t come back you say
Mellow out or you will pay
Mellow out or you will pay!

I videogame fanno bene alla tua psiche

Oltre a ospitare la Microsoft, il gigante locale, Seattle è piena di imprese del web: solo qui nel quartiere di Fremont hanno sede Adobe, Google e GettyImages, tanto per dire. Ma soprattutto Seattle è famosa per le company di casual games, che la affollano a decine e la settimana scorsa si sono trovate a convegno proprio qui. I casual games sono quei giochini semplici semplici ma divertenti che diventano droga dopo pochi secondi. Tetris, per capirci, non quei giochi in 3D che il vostro vecchio computer non riesce più a far girare.

Ora, pare che i casual games facciano bene: PopCap, una grossa azienda di Seattle, ha speso più di 100.000 $ in ricerca per scoprire che giocare ai suoi giochi è un toccasana per la salute mentale. Monitorando l’attività mentale di un gruppo di giocatori, la ricercatrice Carmen Russoniello ha scoperto che erano meno stressati e meno tesi del gruppo senza videogiochi. Il comunicato stampa della PopCap e l’articolo sul settimanale di Seattle da cui prendo la notizia parlano di effetti su Adhd, depressione, stress, diabete e malattie cardiocircolatorie. Cosa aspettiamo a darci dentro?

(Ah, il mio ospite qui a Seattle di lavoro fa le musichette proprio per una ditta locale di casual games, e infatti sento che vivendo con lui il mio stress sta già diminuendo…)

Obama è il nuovo sex symbol

"In politica come nella pop music, legioni di ragazzine che si strappano le mutande non possono sbagliare". Comincia così l’editoriale del nuovo numero di The Nation, settimanale progressista Usa che racconta la reazione di una folla di giovani donne durante un’apparizione pubblica di Obama. Se poi anche sul mercatino di Fremont si cominciano a vendere mutande autoprodotte con la serigrafia di Barack Obama, dev’essere proprio vero che come scrive JoAnn Wypijewski, se "politicamente non sembra sostanzialmente diverso da qualunque altro neoliberale, come sex symbol è il new man", e ormai "anche i ragazzi stanno diventando ObamaGirls".

Secondo Wypijewski il candidato democratico incarna tutta la voglia dell’America di tornare a essere swimming, di essere sedotta e sentirsi di nuovo sexy dopo gli anni del bushismo. Anche il rapporto con sua moglie è stato qualificato come "hot" da diversi giornali popolari, per esempio da Ebony che ha scritto che quando Michelle sale sul palco con Barack, "you see love on stage". Guardatevi qualche video su YouTube.

A Seattle, una delle capitali liberal d’America, l’obamamania è sin troppo visibile: la percentuale di giardini con un cartello pro-Obama è impressionante, come il numero di persone che fanno campagna per strada. Qui a Fremont sono comparsi addirittura stencil con un tremendo Obama/Che Guevara. E siamo solo all’inizio, mancano ancora tre mesi alle elezioni. Per soffiare un po’ sul fuoco The Stranger, il settimanale alternativo della città, ha chiesto ai lettori di mandare racconti erotici a tema che vengono pubblicati nella nuova rubrica, Obamarotica (“Y-yes,” urlai, “Yes…we…can…” mentre entrava dentro di me…). Un must, e non cercate di immaginare la stessa cosa con Walter Veltroni.

In conclusione, l’editoriale tutt’altro che assecondante di The nation ricorda che "è ancora possibile che gli elettori decidano di legare l’identità nazionale al cadaverico e asessuato John McCain e alla sua moglie zombificata ed ex-tossica". Intanto però, Seattle e tutta l’America democratica si godono un’ondata di obamamania senza precedenti, altro che JFK.

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Seattle in bici: sex and violence

Come un sacco di altre cose, anche la bici qui sulla west coast è un mondo a parte. A Seattle, che è una città piena di salite insormontabili in stile Mortirolo, il ciclista urbano è una specie in espansione. Ovviamente, in bici ci va chi è cool, con una bici da corsa da un milione di dollari oppure vestito come un Hell’s Angel, su una bmx o un chopper a pedali. Bici normali, da città, semplici come quella che usa mia mamma, non se ne vedono. La mia vecchia mountain bike sembra un reperto archeologico, quasi mi vergogno a usarla, forse dovrei customizzarla un po’ alla ciclofficina locale. Bah.

Oggi però sono andato al Tour De Fat, una specie di circo a pedali organizzato dalla Bicycle Alliance of Washington e sponsorizzato da una birra… pedali e boccali, un’accoppiata niente male. Si partiva con una parata per il quartiere di Fremont, in cui si sono visti bici e abbigliamenti (e nudità) assolutamente spaziali. No limits! Poi si tornava al parco del quartiere per bere, mangiare, e ballare al ritmo della sgangherata orchestra che suonava marce e musiche, appunto, da circo. Divertentissimo, e alla fine una ragazza ha vinto una bici dietro solenne promessa di non usare l’auto per un intero anno. Sotto trovate qualche foto.

La settimana scorsa invece – causa jet lag e assenza di un mezzo a pedali – mi sono perso la mensile critical mass. E meno male, perché è finita all’ospedale e in galera! Un automobilista circondato di ciclisti ha accelerato e ne ha mandati due al pronto soccorso. A quel punto la gente lo ha tirato fuori dall’auto riempiendolo di botte, gli ha distrutto i finestrini e tagliato tutte le gomme! Risultato: due arresti (rilasciati su cauzione di 1.000 dollari). L’automobilista non è ancora stato accusato di nulla, e la polemica monta, con i due giornali della città schierati anti-critical mass e il settimanale alternativo pro-massa. Non si è parlato d’altro per tutta la settimana. In fondo c’è anche la foto della bici di uno dei ciclisti investiti.

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Loretta Donnely: salva il tuo Starbucks

Seattle è la città dove Starbucks è nato e ha la sua sede centrale. La più grande catena di caffè del mondo, con 16.000 bar di cui 11.000 negli Stati Uniti e qualcuno anche in Europa, è un’istituzione locale. Così, quando il primo luglio la company ha annunciato la chiusura di 616 locali in tutti gli states, la notizia è andata su tutti i giornali. Però nonostante i 12.000 licenziamenti previsti, le proteste non sono arrivate dai lavoratori o dal sindacato ma dai clienti, che si stanno organizzando dappertutto.

Oggi ho incontrato Loretta Donnely, una ex-dipendente della catena che da dieci giorni staziona al tavolino fuori dallo Starbucks di Capitol Hill (uno dei 616 sulla lista nera) raccogliendo firme per impedirne la chiusura. Sta diventando una star locale, con 12.000 firme da mandare a Howard Shultz, il boss della multinazionale che sta a poche miglia da qui, apparizioni in tv e alla radio. La gente che passa davanti al caffè la saluta e si ferma volentieri a firmare. Le ho chiesto mille volte perché ha dato vita a questo grassroots movement per difendere una corporation multimiliardaria quando il suo quartiere è stracolmo di caffé indipendenti, organic, legati strettamente alla comunità. Niente da fare. Lei è determinata e vuole il suo Starbucks nel suo quartiere. Un brand insostituibile.

Loretta dice che "è stata Seattle a creare Starbucks, non possono dimenticarlo. Ora sono loro che devono tornare alla gente, alla comunità e vedere cosa succede qui." Un po’ di equilibrio arriva da Stephen Colbert, un famoso comico che la settimana scorsa durante il suo show alla tv ha detto “questo è il tipo di attivismo dal basso che mi piace, quello che supporta la diffusione delle corporation più infernali”. Tornando a Loretta, quando il discorso cade sul destino dei lavoratori e sull’assenza delle Union, la risposta è quasi ovvia: "i sindacati non servono, questa azienda tratta i suoi lavoratori benissimo." Lo chiederò a qualcuno di quei dodicimila

Il capitalismo è tutto grasso che cola

Chi ha ancora in mente l’immagine del capitalista ciccione con la bombetta e del povero lavoratore magro ed emaciato la può cancellare tranquillamente. Ai nostri tempi l’obesità è affare dei poveri, e chi la studia dovrebbe capire perché colpisce proprio loro. Tanto che SciDev ospita un editoriale del nutrizionista inglese Jonathan Wells, intitolato “I ricercatori sull’obesità devono capire come funziona il capitalismo”.

Dopo aver svolto una ricerca epidemiologica sulla diffusione dell’obesità nella città brasiliana di Pelotas, Wells ha deciso che gli scienziati non devono capire solo il “come” ma anche il “perché” di questo problema: per esempio, che “ciò che sta guidando l’epidemia di obesità è la rete di strategie economiche e interessi commerciali che fanno sì che gli individui cambino o mantengano alcuni comportamenti”. Il modo in cui l’industria li manipola è cruciale per la crescita della “nicchia obesogenica”.

Quindi, i ricercatori dovrebbero essere esperti anche nelle tecniche usate dalle aziende per massimizzare i profitti: “marketing, economia, previsione dei trend sociali”. In questo modo potrebbero giocare ad armi pari: “se l’azienda sa come vendere più biscotti, i ricercatori devono sapere come ottenere l’effetto opposto”. Wells conclude così: “il capitalismo è stato studiato soprattutto dagli economisti. E’ ora che lo facciano anche i ricercatori che si occupano di salute”. Suona ingenuo, ma siamo in un’epoca in cui pochi si ostinano a cercare di comprendere il sistema economico per trasformarlo. Partiamo dai grassi insaturi?

Lenin a Seattle

Il crollo delle ideologie porta anche a questo: una enorme statua di Lenin nel quartiere hippy e artistoide di Seattle, altro che Emilia rossa. Abbattuta in una piazza slovacca, un americano l’ha salvata e trasportata a Fremont, il centro della controcultura degli anni sessanta di Seattle. Ora è un’attrazione turistica, e leggendo la sua targa si scopre che il suo valore è solo artistico e che vuole dimostrare che l’arte è neutrale e più importante delle ideologie. Se vi interessa, è in vendita: i ricavati serviranno per foraggiare la scena artistica di Fremont e la sua fricchettonissima Solstice Parade. Povero Vladimir Ilich Uljanov.

I turni massacranti delle api precarie

Dopo le api anarchiche che non rispettano la gerarchia e la regina, il nuovo numero del Journal of Experimental Biology parla di lavoro e api che non hanno nemmeno il tempo per dormire. Infatti osservando e filmando il comportamento delle operaie i ricercatori hanno notato che le api più giovani lavorano 24 ore su 24, con momenti di sonno brevi e convulsi durante tutta la giornata. Un continuo curare le larve e correre su e giù per l’alveare, senza certezze e senza orari fissi. Le più vecchie invece lavorano di giorno e dormono di notte, e chiamatele sceme. Vi ricorda qualcosa?