La ricchezza della Rete

E' uscito il libro di Yochai Benkler, La ricchezza della Rete. La produzione sociale trasforma il mercato e aumenta le libertà (Egea, 612 pagine, 34,50 euro). Potete scaricarlo in italiano da qui.

Un libro importante (e imponente), che cerca di tracciare un ritratto della società dell'informazione in rete. La tesi principale, di cui l'autore rintraccia conferme nel giornalismo, nel software, nella biomedicina, nelle relazioni sociali, è che la commons-based peer production – la produzione orizzontale basata sui beni comuni informazionali – sia uno strumento di liberazione dell'individuo e di progresso economico e sociale.

Anche nella scienza: non soltanto nel campo dell'editoria scientifica, nel quale l'Open Access si sta affermando ogni giorno di più. Ma anche, direttamente, nei processi di produzione del sapere tecnoscientifico. A Yochai Benkler ho fatto un paio di domande proprio sulla scienza, alla presentazione del libro il 10 maggio a Milano.

Professor Benkler, crede che la produzione orizzontale renda possibile qualcosa come una scienza 2.0? Non bisogna dimenticare che la scienza, in molti sensi, è uno dei principali precursori della produzione orizzontale. Gli scienziati operavano con un ampio grado di libertà rispetto al mercato o (nel caso dei ricercatori universitari) alle aziende. Erano guidati più da motivazioni sociali, come lo status e il ruolo all'interno della società, che dal denaro. Ed erano immersi in una cultura dipendente dalla pubblicazione e dalla condivisione di informazioni e citazioni, per lo meno in un modello ideale. Certo, la realtà si discostava in parte da questo ideale.

E oggi?

Credo che la scienza si adatterà alle strutture aperte, in rete, in diverse forme. Prendiamo in considerazione, per esempio, il modo in cui l'International HapMap Project, che mappa gli aplotipi del genoma umano, rappresenta una piattaforma per la collaborazione su scala globale che attraversa i tradizionali confini istituzionali e costruisce a partire da contributi di diverse dimensioni apportati da tantissime persone. In generale, il movimento della bioinformatica open access sembra essere l'esempio più evidente dell'adozione di modelli di ricerca orizzontali in rete tipici della produzione sociale basata sui beni comuni.

Sono avvenuti anche importanti spostamenti in direzione della publicazione scientifica open access, come Public Library of Science e, più di recente, la sua piattaforma PLoS One. Esempi davvero interessanti ed eccitanti di come la pubblicazione scientifica e la peer review saranno strutturate in un modello aperto, collaborativo, in network. Credo che nel momento in cui Wellcome Trust o gli Nih richiedono o suggeriscono con forza ai ricercatori di pubblicare i loro lavori in forma open access, sul lungo termine ciò influenzi in modo enorme le pratiche di pubblicazione scientifica.

La scienza peer to peer rappresenta un semplice miglioramento o una ristrutturazione della forma di produzione della conoscenza scientifica?

Non possiamo essere troppo ottimisti. Le università sono istituzioni relativamente conservatrici e sono abbastanza al riparo da pressioni competitive che potrebbero spingerle a cambiare. Le carriere scientifiche continuano a dipendere da un modello per cui l'autore di un articolo è un singolo ricercatore, o un piccolo gruppo concentrato in un laboratorio, che possono evidenziare il loro contributo personale. Per questo la scienza funziona a compartimenti stagni, anche a causa dei modelli di finanziamento e di pubblicazione, legata al prestigio del ricercatore. In campo biomedico c'è anche il problema dei materiali e della possibilità di spostarli da un laboratorio all'altro in modo sicuro e consistente per facilitare una ricerca davvero distribuita.

Chi parteciperà alla scienza?

Dal punto di vista dell'ingresso nella scienza di ricercatori non-professionisti, stiamo assistendo allo sfruttamento di amatori, per esempio nelle osservazioni meteorologiche distribuite o nel vecchio esperimento dei clickworkers che analizzavano il terreno di Marte. Di sicuro ci sono progetti di calcolo distribuito che riuniscono contributi da milioni di persone, per esempio siti come Folding@home o fightaids@home. Ma siamo ancora lontani dal coinvolgere masse di persone nella ricerca scientifica.

Dopo tutto, credo che gli scienziati abbiano a disposizione un grande insieme di opportunità di collaborare al di fuori dei modelli tradizionali, che i dilettanti possano contribuire in alcune attività, che stia insomma crescendo la consapevolezza che la scienza verrà promossa dalla condivisione in forma aperta di innovazione e conoscenza, più che dall'attenzione ai brevetti tipica degli anni Ottanta e Novanta. Ma siamo solo nelle fasi iniziali dell'adozione di queste pratiche, e non sappiamo se esse avranno successo.