È uscito l’ultimo libro di Geert Lovink: Zero comments, Teoria critica di Internet (Bruno Mondadori, 192 pagine, 14 euro). Il pregio principale di questo libro è quello di porsi il problema che gli apologeti del web 2.0 cercano sempre di nascondere sotto al tappeto: «Perché gli utenti dovrebbero continuare a pubblicare tutti quei dati
privati, dai quali una manciata di aziende ricava miliardi di dollari
di profitti? Perché dovrebbero cedere gratuitamente i loro contenuti
mentre un pugno di imprenditori del Web 2.0 sta facendo i milioni?»
Insomma, al di là della retorica sulla gratuità di Internet (Lovink l’aveva chiamata «ideologia del free») e di quella della democrazia della rete c’è un mondo da analizzare. Una delle categorie usate è quella del nichilismo. Non certo in senso galimbertiano (oddio, i giovani non hanno più valori!) ma ritrovando negli utenti della rete la capacità di distruggere i mostri della comunicazione: «I blogger non rappresentano altro che sé stessi. E in questo senso
livellano, azzerano le strutture centralizzate di senso. Le autorità,
dal Papa ai partiti alla stampa, non influenzano più la nostra visione
del mondo».
Va bene, forse anche Lovink si lascia un po’ prendere la mano. Però la domanda finale prima o poi dovrà trovare risposta: «Perché non usiamo la nostra “immaginazione collettiva” per escogitare modelli sostenibili per una cyber-infrastruttura pubblica?»
PS: consigli per i lettori. Se non siete patiti della New media art, saltate a piè pari l’ultimo capitolo. E quando leggete che «È ora di rompere il consenso libertario» fate come se fosse «rompere il consenso liberista». L’ho tradotto io, ma questa non è certo opera mia. Geert, non volermene.
Thanks, I will the publisher for the translation mistake. And thanks for pointing at the booklet. It’s really only one third of the english edition, I hope readers will forgive me. Matteo, Bifo and others all tried hard but after four rejections this was the offer that we finally accepted. It’s a cute little booklet anyway. Ciao, Geert
ciao geert. yes, it’s a good book! ale