La gratuità è un furto

Mentre scrivo il mio pc sta scaricando un tot di film e dischi piratati. Sono un criminale o sto fruendo cultura nel modo proprio del nostro tempo? Un criminale, secondo Denis Olivennes, ex-direttore della megacatena di distribuzione di dischi Fnac in Francia e consulente del governo Sarkozy in materia. Ribaltando il celebre motto di Proudhon, “La proprietà è un furto”, il suo libro si intitola La gratuità è un furto. Quando la pirateria uccide la cultura (Libri Scheiwiller, 128 pagine, 14 euro).

L’autore sostiene che l’anarchia di internet finirà col ridurre la diversità culturale, togliendo ossigeno agli autori che non si uniformano al mainstream delle major. È il rischio della “scomparsa pura e semplice delle opere, in conseguenza di mancati guadagni da parte di creatori e produttori”.


Olivennes ha una visione conservatrice della cultura, che divide tra alta e bassa: ciò che diventa opera di consumo di massa è inoffensivo e perde quella universalità che caratterizza le opere “alte”. In un impeto di nostalgia si schiera tra gli apocalittici, sostenendo che le nostre società sono più informate e aperte ma meno “colte” di un tempo, e cancellando in un sol colpo il ruolo alfabetizzatore e democratico della cultura di massa. La quale oggi prospera e si nutre famelicamente di pirateria e gratuità, come ha capito chi si sta riorganizzando per inventare nuovi modelli di business adatti alla complessità dei nostri tempi.

Invece, la proposta di Olivennes è semplicistica e autoritaria: regolamentazione e normalizzazione della rete, repressione delle reti peer-to-peer e di condivisione online, sanzioni per chi scarica illegalmente. Tuttavia non si può chiuderla qua: Olivennes fa notare che a favore della gratuità della rete è nata un’inedita alleanza tra ultraliberisti e antimoderni, come definisce chi si oppone al capitalismo selvaggio. Su questo non ha torto. In questi mesi sono in uscita diversi libri di taglio nettamente liberista – non a caso americani – su questi temi. Per esempio Free di Chris Anderson oppure The Pirate’s Dilemma di Matt Mason.

Secondo questi e molti altri autori, gratuità e pirateria sono parte essenziale dello sviluppo capitalistico. Altro che diminuzione dei profitti per produttori e artisti. Sulla gratuità della rete convergono gli entusiasmi dei
tecnocapitalisti più attenti alle innovazioni del mercato e più
pronti a trarne profitti. Il problema è non abbandonare la rete
all’anarcocapitalismo delle aziende del web 2.0 di San Francisco, e su questo siamo d’accordo, ma la risposta di Olivennes è insopportabilmente conservatrice.

2 Replies to “La gratuità è un furto”

  1. Condivido il commento di Alfio: si continua a mal porre la questione, anche nei due altri volumi citati. Anderson, da bravo direttore di Wired, è essenzialmente un descrittore di dinamiche economiche, e in questo è più utile di altri autori per farsi un’idea di come si sta evolvendo il mercato. Però è, appunto, un’evoluzione radicale, e non solo del mercato (che si sta ampiamente riconfigurando intorno all’oggetto in questione: showbusiness & entertainment). Inoltre: continuiamo a parlare di .mp3 e .pdf, ma cosa ne direbbe Oliviennes se suo figlio fosse kenyota e nascesse, per circostanze sociali e storiche orrende, già affetto dal virus dell’AIDS? Cosa ne penserebbe dell’attuale regolamentazione sui brevetti farmaceutici?

  2. Argomento interessante. A mio parere però il problema è mal posto. Mi spiego meglio; mi pare che qui si dia una lettura a senso unico: l’agenzia di valori forma la cultura. In verità non ci troviamo di fronte a produzioni culturali alte e basse, le prime in estinzione e le seconde dilaganti. Prima che a un cambio delle produzioni e dei consumi, ci troviamo di fronte ad un epocale cambio socio-culturale. Da qui discendono le modificazioni nelle produzioni e nei consumi. Non so se mi sono spiegato: è una lettura stantia quella di Olivennes, usa una alfabeto che oggi ha poco senso e che rende più difficile la lettura di “domani”.

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