Qualcuno scarica – tutti pagano – qualcuno guadagna

L’associazione dei cantautori canadesi ha proposto di introdurre una licenza collettiva, il “Diritto di equa remunerazione per la condivisione di file musicali”. Si tratterebbe di legalizzare lo scambio di file coperti da copyright per mezzo dei sistemi peer to peer. In cambio, si applicherebbe una tassa una tantum di 5 dollari su ogni connessione internet canadese, i cui proventi sarebbero poi distribuiti ai detentori dei diritti d’autore.

Secondo gli estensori della proposta, “il file sharing è un fenomeno positivo perche aiuta a diffondere la musica, anche quella meno famosa, ma bisogna fare in modo di retribuire adeguatamente chi la produce”. Il problema, che sta alimentando le critiche dei blog di mezzo mondo, è che da una parte ci sono moltissimi di utenti di internet che non scaricano musica, e che sarebbero colpiti comunque da questa tassa. Inoltre, una volta retribuiti i musicisti (o meglio, le case discografiche), bisognerebbe pensare anche a chi produce film, software, libri… insomma, tutto ciò che si puo scaricare gratuitamente dalla rete. Un rapido calcolo porta la tassa a un paio di migliaia di dollari all’anno per ogni connessione internet.

L’Olanda inventa il Free Knowledge Institute

Lo sentiamo dire da anni: l’Europa si candida a diventare leader della società della conoscenza, un’espressione di cui la politica si riempie la bocca spesso. Dietro ai buoni propositi tuttavia si nascondono diverse visioni dei modi per allargare il più possibile la circolazione delle conoscenze.

La Internet Society of Netherlands, agenzia pubblica olandese, ha cercato di fare un piccolo passo avanti dando vita al Free Knowledge Institute (FKI), una fondazione che si dedicherà ad ampliare le possibilità di scambiarsi le conoscenze attraverso internet. Innanzitutto promuovendo lo sviluppo di software libero, quello che si basa sulla collaborazione degli utenti della rete e che tutti possono usare o modificare a piacimento (come Linux insegna).

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Farmaci Intel Inside

L’informatica può dare lezioni di innovazione alla farmaceutica. Lo sostiene l’ex Ceo di Intel, Andrew S. Grove, in un’intervista a Newsweek, rilasciata dopo il suo intervento al meeting annuale della Society for Neuroscience.
Grove accusa il sistema della ricerca biomedica di non produrre da anni un’innovazione utile ma di preoccuparsi solo di pubblicare articoli scientifici che riguardano solo ratti o cavie.

E sostiene che la via d’uscita sarebbe dare a Big Pharma delle scadenze simili a quelle che guidano l’industria informatica. Per esempio, decidere (come ha fatto Steve Jobs per l’iPhone) che entro l’anno X la casa farmaceutica deve mettere in commercio il farmaco Y.
Cosa che sarebbe impedita anche dal fatto che "il sistema di peer review per l’assegnazione di finanziamenti e per gli avanzamenti accademici ha il grande difetto di creare conformismo di idee e valori.

E’ l’equivalente moderno delle gilde medievali", e tende a scartare le idee più bizzarre e inusuali, proprio quelle che fanno la fortuna dell’industria informatica.
Naturalmente la "rivoluzione culturale" auspicata da Grove non tiene conto delle esigenze di sicurezza dei pazienti e di chi si sottopone alle sperimentazioni. Solo ostacoli burocratici sul cammino della ricerca & sviluppo?

HackIt_07 – ten years nerdcore

E’ il decimo hackmeeting italiano. Per la decima volta autogestito, senza sponsor, ospitato da uno spazio sociale. Dal 28 al 30 settembre, al CSOA Rebeldia di Pisa si incontrerà ancora la comunità hacker italiana (e come specificano loro, "un vero hacker per noi e’ chi vuole gestire se stesso e la sua vita come vuole lui, e sa (s)battersi per farlo. Anche se non ha mai visto un computer in vita sua").

Nei tre giorni di seminari si parlerà di Linux, VoIP(Voice over Internet Privacy), Wi-Fi Hunting, si imparerà a hackerare una bici e farsi il pane, progettare una rete distribuita e criptare la posta elettronica. Per chi non ha mai visto un hackmeeting, si consiglia una visita guidata al regno nerd del Lan Space. Chi ne capisce un po’ di più si presenti un paio di giorni prima, c’è da preparare il Rebeldia all’assalto delle centinaia di geek che affolleranno il meeting.

The Liberazione Papers

codice-binario.jpgPer tutto il mese di agosto ho tenuto un paginone settimanale su Liberazione, dedicato a scienza, rete, movimenti, sviluppo…

Si partiva con la scienza collaborativa online, aperta e orizzontale, per passare a Second Life (il giorno di ferragosto, cosa c’è di più adatto all’ombrellone?) e alla ristampa di Snow Crash di Neal Stephenson (Rizzoli, 551 pag, 11,60 euro), il romanzo che ha inventato il Metaverso.

Passata la sbornia di mojito e crema solare si arriva al rapporto, spesso ma non sempre conflittuale, tra scienza e movimenti, per concludere oggi con i problemi legati allo sviluppo: quale scienza e quale tecnologia per i paesi poveri?

Hacker scienziati e pionieri

Chi sono gli hacker? Sono innanzitutto persone che condividono un’attitudine e un’etica e che si erano messe all’opera ben prima dell’inizio della rivoluzione informatica e della nascita della stessa parola «hacker». Gli eroi dell’era dell’informazione sono coloro che hanno creduto negli ideali della libera condivisione delle idee, della ricerca e della curiosità.

Le loro vicende si sono svolte quasi sempre al di fuori della scienza ufficiale, nei garage, nei dormitori per studenti e nell’industria, e le loro idee, una volta applicate, hanno dovuto superare la prova del confronto con il magma della società e dell’economia. Soltanto lì esse trovano la loro strada, diventando a tutti gli effetti prodotti culturali del loro tempo. Sono queste idee a guidare Carlo Gubitosa, giornalista, saggista e segretario dell’associazione Peacelink in Hacker scienziati e pionieri. Storia sociale del ciberspazio e della comunicazione elettronica (Stampa Alternativa, 240 pagine, 13 euro).

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La malattia della collaborazione

Anche l'Organizzazione mondiale della sanità sperimenta la collaborazione in rete, e lo fa per stilare la sua undicesima versione della Classificazione mondiale delle malattie, il codice rinnovato periodicamente che identifica tutte le patologie che affliggono l'umanità.

Prima d'ora questi sistemi di classificazione erano stilati da panel ristretti di esperti, ma le tecnologie dell'informazione permettono ora di aprire il lavoro di ricerca all'intera comunità medica, che grazie al suo rapporto con il territorio potrà fare un lavoro molto più capillare di quello che potrebbero svolgere gli esperti nominati dall'Oms.

Come afferma Robert Jakob, il responsabile dell'Oms per il sistema di classificazione, «il numero di persone che possono partecipare è sempre limitato, in un modo o nell'altro. E' questa la vera novità di oggi: con questi approccio online, praticamente chiunque ha la possibilità di fornire input».

Del metodo Wikipedia verrà però scartata una delle caratteristiche principali: la possibilità aperta a tutti di editare le voci dell'enciclopedia online. Nel caso Oms ci sarà infatti un filtro composto dagli esperti, per evitare errori o informazioni distorte.

Geert Lovink, il nichilista

Geert LovinkSul Manifesto di oggi un'interessante intervista a Geert Lovink, attivista e teorico dei media dell'Institute of Network Cultures di Amsterdam. Geert ha un nuovo libro in uscita, Zero Comments. Blogging and Critical Internet Culture e in questa intervista chiarisce alcune delle sue idee sul ruolo attuale e sulle potenzialità dei blog e della rete.

Il primo capitolo si intitola proprio Blogging, the nihilist impulse. Il nichilismo di Geert è questo: «I blogger non rappresentano altro che sé stessi. E in questo senso livellano, azzerano le strutture centralizzate di senso. Le autorità, dal Papa ai partiti alla stampa, non influenzano più la nostra visione del mondo. Sempre più persone si allontanano dai "vecchi media" quando sono alla ricerca di senso, informazione, intrattenimento. Niente di scioccante, se non per i giornalisti dell’industria broadcast che restano turbati da questa ovvietà come se fosse un tentativo di delegittimarli».

L'intervista di Nicola Bruno la trovate qui.

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Chip & Nasdaq

Pochi giorni fa VeriChip, un’azienda statunitense produttrice di chip Rfid impiantabili, si è quotata in borsa, rilasciando 3,1 milioni di azioni a 6,50 dollari l’una nel mercato del Nasdaq. Il problema è che in tutto il 2006 solo 222 pazienti hanno scelto di farsi installare i suoi microchip sottocutanei.

Con questi soldi VeriChip spera di coprire almeno parte dei debiti contratti negli ultimi anni, ma le sue azioni stanno già perdendo quota. Nonostante il roboante annuncio secondo il quale soltanto negli Stati Uniti ci sono 45 milioni di pazienti che potrebbe aver bisogno dei loro microchip.

Impiantati nel braccio (nella regione del tricipide) o nella mano, questi chip trasmettono agli appositi scanner un codice a sedici cifre che può essere inserito in un database contenente i dati della persona che lo porta.

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PLoS vs Nature, la guerra delle review

PLoS One, la nuova rivista on line di casa Public Library of Science, è on line da pochi giorni con la sua Beta version e contiene già decine di articoli, raccolti tra la presentazione pubblica di giugno e oggi.

PLoS One sarà una rivista scientifica di tipo nuovo, nella quale la classica peer review, il controllo fatto da esperti nominati dalla rivista, sarà sostituito con la open peer review: i lettori della rivista, cioè tutti i ricercatori, potranno commentare gli articoli, votarli, trovare gli errori e aiutare gli autori a migliorare il loro lavoro.

Nel frattempo, con tempistica perfetta, Nature ha dichiarato in un editoriale sul numero di questa settimana che il suo esperimento di open peer review è naufragato. La più importante (con Science) rivista scientifica del mondo aveva dato la possibilità agli autori di pubblicare articoli on line commentabili liberamente da chiunque si fosse registrato e accreditato. Nei sei mesi di sperimentazione pochissimi autori hanno scelto l'opzione aperta, e ancora meno sono stati i feedback dalla comunità scientifica.

Un flop che però, come ricorda Free lance, potrebbe dipendere da diversi fattori legati alla forma della comunità on line, e PLoS su questo può giocare carte diverse da quelle di Nature.

Ma c'è dell'altro? PLoS One oltre a essere un interessante esperimento è anche un modo per rilanciare le fortune di Public Library of Science, che va forte nelle classifiche degli impact factor ma non naviga nell'oro. Sarà la prima rivista generalista, cioè aperta a tutte le discipline scientifiche, di PLoS: diretta concorrente di Nature e Science. Il fallimento dell'esperimento di Nature è un consiglio disinteressato a quelli di PLoS, una sfida o un colpo basso?

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