Dal Manifesto del 14 novembre un’intervista con Sara Horowitz, la studiosa e avvocato statunitense protagonista dell’esperienza di «Freelancers Union», un’organizzazione dei lavoratori «indipendenti» di New York. L’incontro e l’elaborazione di strategie di mutuo soccorso per resistere al «corporate business» nella Grande Mela.
Ci sono figure del lavoro che rivelano la portata delle
trasformazioni produttive avvenute nel sistema capitalistico; e ci sono
esperienze organizzative che stanno sfidando le forme tradizionali
della rappresentanza. Il variegato universo del «lavoro autonomo di
seconda generazione» – a cui Sergio Bologna ha dedicato una nuova
raccolta di scritti, Ceti medi senza futuro, al centro del seminario «Quale futuro per i lavoratori della conoscenza?»
che si è tiene il 15/11/07 all’Università La Sapienza di Roma – è
appunto tra questi.
O almeno è questa la scommessa di Freelancers
Union, organizzazione no-profit di New York che si è sviluppata
all’interno della costellazione del lavoro «indipendente» statunitense
(oltre il 30% della forza lavoro), offrendo a figure disperse nei mille
rivoli della metropoli risorse organizzative e strumenti rivendicativi.
La union si batte quindi per garantire le protezioni sociali a un «ceto
medio» precarizzato e impoverito. Allo stesso tempo, fornisce strumenti
di comunicazione e connessione, nonché svolge un ruolo di
intermediazione con lo stato e le imprese.


Una sit-com, un cartone animato, ma soprattutto un tributo ai videogame degli anni ottanta.
A Trieste abbiamo presentato il manifesto per un’alleanza fra scienziati e cittadini. Lo firmiamo in tanti – già più di cento – giovani e anfibi. Anfibi vuol dire che stiamo dentro e fuori la ricerca e la comunicazione, ci muoviamo sulle interfacce della relazione tra scienza e società.
Si torna sul tema «morte dei giornali» con un libretto davvero ben scritto e documentato di Vittorio Sabadin, L'ultima copia del New York Times (Donzelli, 168 pagine, 15 euro).
Stavolta l’infiltrato è un professore di management statunitense, Jerry Newman, che per qualche mese ha provato i peggiori 