La gratuità è un furto

Mentre scrivo il mio pc sta scaricando un tot di film e dischi piratati. Sono un criminale o sto fruendo cultura nel modo proprio del nostro tempo? Un criminale, secondo Denis Olivennes, ex-direttore della megacatena di distribuzione di dischi Fnac in Francia e consulente del governo Sarkozy in materia. Ribaltando il celebre motto di Proudhon, “La proprietà è un furto”, il suo libro si intitola La gratuità è un furto. Quando la pirateria uccide la cultura (Libri Scheiwiller, 128 pagine, 14 euro).

L’autore sostiene che l’anarchia di internet finirà col ridurre la diversità culturale, togliendo ossigeno agli autori che non si uniformano al mainstream delle major. È il rischio della “scomparsa pura e semplice delle opere, in conseguenza di mancati guadagni da parte di creatori e produttori”.

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Il lavoro al tempo della rete, intervista a Ned Rossiter

Dalle reti virtuali di Internet alle reti sociali e di lavoratori che vivono nel mondo della precarietà. Ned Rossiter è un ricercatore indipendente che vive a Pechino e che si occupa dei nessi tra cultura di rete, lavoro creativo e precarietà. Il suo libro Organized Networks: Media Theory, Creative Labour, New Institutions verrà pubblicato da Manifestolibri nel corso del 2008.

Gli abbiamo chiesto di commentare la EuroMayday 2008 prendendo spunto da quello che succede online, nello sfruttamento economico della cooperazione di milioni di utenti da parte delle aziende del web 2.0, e nella società, dove il precariato è alla ricerca di nuove forme di organizzazione e di risposte alla complessità del capitalismo odierno.

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I precari stanno bene, anzi benissimo

Problemi di contratto? La precarietà ti fa venire la digestione pesante? Non cercare scuse: la flessibilità fa bene alla salute! Mentre la Mayday 2008 si avvicina, la scienza dà una spintarella ai manifestanti sostenendo che i precari si ammalano di meno degli altri lavoratori, anzi scoppiano di salute e benessere.

Alcuni ricercatori infatti si sono presi la briga di analizzare i comportamenti di 3.000 lavoratori di una multinazionale. I risultati, pubblicati sullo Psychologist-Manager Journal, dicono che una flessibilità maggiore è associata a una diminuzione delle assenze per malattia e a un rendimento migliore. Di conseguenza l’immarcescibile Joseph G. Grzywacz, autore dello studio, ci tiene a farci sapere che "programmi e policy che promuovono la flessibilità possono avere effetti positivi sulla salute dei lavoratori".

A parte la facile considerazione che la precarietà è sempre più al centro di chi si occupa di lavoro (anche se altri dicono che faccia male), qualcuno può dire al prof. Grzywacz che i precari non si ammalano meno, ma casomai vanno al lavoro anche con l’influenza? Lui l’ha provato un contratto in scadenza? Altro che malattia…

EuroMayDay008: il primo maggio precario che travolge i confini del futuro!

Ci rivolgiamo a tutti e a tutte; uomini e donne, precari e precarie,
native e migranti, lavoratrici e lavoratori dei call center, degli
aeroporti, dello spettacolo e della moda, dell’informazione e della
formazione, delle ricerca, delle cooperative sociali, della
distribuzione. Ci rivolgiamo agli operai e alle operaie, delle
fabbriche e dei servizi, agli studenti, alle associazioni, ai centri
sociali, alle mille forme di resistenza e di autorganizzazione che
ri-generano i territori e le metropoli martoriati dal vampirismo
neoliberista.

La precarietà picchia duro, nel lavoro e nella vita. Non è “sfiga”.
Non è cosa passeggera. Non è un problema sociale tra gli altri ne’ un
titolo di un giornale. Non è semplicemente la perversa proliferazione
di contratti atipici ne’ un dazio che le giovani generazioni sono
costrette a pagare per entrare nel mercato del lavoro.

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Manuale di sopravvivenza per precari

San Precario ha fatto il miracolo: ti senti vittima di comportamenti scorretti sul posto di lavoro? Ti sembra che il tuo datore di lavoro non rispetti i tuoi diritti? Non sai che fare? Sappilo, con il "Piccolo manuale di sopravvivenza. Orientarsi nel mondo dei contratti e degli stipendi" appena pubblicato dal Punto San Precario. 

Infatti "sembra assolutamente raro trovare datori di lavoro disposti ad essere chiari e corretti, cosa che genera un enorme flusso di informazioni errate tra i lavoratori stessi: esse sono spesso figlie di ipotesi, dicerie, convinzioni e non aiutano chi lavora a concentrarsi serenamente sui propri compiti, acuendo la sensazione di essere spesso sfruttati o addirittura truffati".

Scarica il manuale e troverai informazioni su contratti, orari, diritti, retribuzioni. Se poi scopri di aver davvero bisogno di aiuto e i sindacati non riescono a dartelo, puoi sempre contattare il santo in persona.

Zero comments

È uscito l’ultimo libro di Geert Lovink: Zero comments, Teoria critica di Internet (Bruno Mondadori, 192 pagine, 14 euro). Il pregio principale di questo libro è quello di porsi il problema che gli apologeti del web 2.0 cercano sempre di nascondere sotto al tappeto: «Perché gli utenti dovrebbero continuare a pubblicare tutti quei dati
privati, dai quali una manciata di aziende ricava miliardi di dollari
di profitti? Perché dovrebbero cedere gratuitamente i loro contenuti
mentre un pugno di imprenditori del Web 2.0 sta facendo i milioni?»

Insomma, al di là della retorica sulla gratuità di Internet (Lovink l’aveva chiamata «ideologia del free») e di quella della democrazia della rete c’è un mondo da analizzare. Una delle categorie usate è quella del nichilismo. Non certo in senso galimbertiano (oddio, i giovani non hanno più valori!) ma ritrovando negli utenti della rete la capacità di distruggere i mostri della comunicazione: «I blogger non rappresentano altro che sé stessi. E in questo senso
livellano, azzerano le strutture centralizzate di senso. Le autorità,
dal Papa ai partiti alla stampa, non influenzano più la nostra visione
del mondo».

Va bene, forse anche Lovink si lascia un po’ prendere la mano. Però la domanda finale prima o poi dovrà trovare risposta: «Perché non usiamo la nostra “immaginazione collettiva” per escogitare modelli sostenibili per una cyber-infrastruttura pubblica?»

PS: consigli per i lettori. Se non siete patiti della New media art, saltate a piè pari l’ultimo capitolo. E quando leggete che «È ora di rompere il consenso libertario» fate come se fosse «rompere il consenso liberista». L’ho tradotto io, ma questa non è certo opera mia. Geert, non volermene.

Fatti la tua Repubblica

Vuoi spargere un po’ di panico in rete, o più semplicemente divertirti? Usa la nuova piattaforma blog di Fake is a Fake, che ti permette di riprodurre alla perfezione le pagine di La Repubblica, Osservatore Romano, Financial Times, Casa bianca e WTO.

Come dicono quelli di Fake is a Fake, per una volta puoi parlare con la voce del padrone. Lo dicono anche in un’intervista alla Repubblica: "finalmente il falso è alla portata di tutti". Approfittane.

There is not just one Truth.

There are not many Truths.


Tertium datur: Truth is nonsense.


– Luther Blissett –

 

Sergio Bologna sulla Writers Guild of America

Dal Manifesto del 19 febbraio un commento di Sergio Bologna sullo sciopero degli sceneggiatori americani.

Mentre l’Italia registrava l’ennesima morte sul lavoro e le lacrime di
coccodrillo da sottile rivolo diventavano torrente in piena, io passavo
ore a seguire sul video del mio computer di casa le vicende dello
sciopero degli sceneggiatori americani. Non è per raccontarlo, meglio
di me altri lo hanno fatto, ma per riflettere sulle possibilità della
comunicazione oggi che propongo queste considerazioni. Per dire che il
soggetto è doppio, noi che seguiamo da lontano e loro che laggiù
agiscono e la riflessione va fatta su tutti e due, perché ambedue siamo
coinvolti in un processo di trasformazione. Perché ci ho speso del
tempo? Perché ormai i comportamenti conflittuali dei «lavoratori della
conoscenza» e della «classe creativa» sono diventati il centro della
mia riflessione; ritengo questa una delle componenti sociali più
dinamiche in tutti i sensi.

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Anfibi.org sta emergendo

Dopo varie traversie è finalmente online il blog degli anfibi, il gruppo di ricercatori, scienziati e comunicatori che da qualche mese ha scritto un manifesto sottoscritto ormai da più di cento persone. Il blog si propone di essere una fonte di informazioni ma anche un luogo di confronto, tra i cento anfibi ma anche con chiunque sia interessato al ruolo della comunicazione, terzo incomodo nell’armadio della camera da letto di scienza e società.

In questi giorni sta cominciando a popolarsi di articoli e, speriamo, comincerà a dar vita a un po’ di dibattito. E se non avete ancora sottoscritto il manifesto, pensateci. Lunga vita!