Dall’onda anomala nasce Anna Adamolo

Anna Adamolo è la pluralità del movimento contro la riforma Gelmini, è il rifiuto a giocare con il futuro come se fossimo a una partita di Monopoli, è il grido di un no e la fermezza di tanti sì.

Anna Adamolo è un immaginario non domato e non normalizzato, è la volontà di tenere aperto il molteplice e il possibile contro l’arroganza di un pensiero contabile, è il rifiuto di sanare le difficoltà dell’oggi con le miserie di domani.

Anna Adamolo è “Noi la crisi non la paghiamo”, Anna Adamolo sono le studentesse e gli studenti, le precarie e i precari, le maestre e i maestri, le insegnanti e gli insegnanti, le bambine e i bambini, le mamme e i papà che in questo mese e mezzo hanno portato nelle piazze d’Italia una protesta mai vista contro i truffatori del presente e del futuro.

Anna Adamolo ha una bella riserva di pazienza, ma non inesauribile. Anna Adamolo vuole prendersi il posto che le spetta in questa società, cominciando magari dal ministero della cosiddetta “pubblica istruzione”.

Se diventi amico di Anna Adamolo, ti chiediamo di cambiare il tuo nome, il tuo profilo o il tuo stato mettendo il suo nome e il suo logo al posto del tuo. Sarà un modo in più per dimostrare che non ci stai neanche tu, a questo gioco macabro che vuole subordinare la conoscenza e la solidarietà alla beffa e al profitto.

Apocalypse Nerd! (Apocalisse ora!) – Peter Bagge

E va bene, Bush non c’è più, e con lui la sua cricca di guerrafondai e la loro lista di stati canaglia da cui il “mondo libero” doveva aspettarsi di tutto. Però nel 2003 un portavoce della Corea del Nord, uno dei paesi più cattivi e impuniti dell’Asse del Male, tanto per far capire al governo Usa di rivolgere i propri bombardieri da un’altra parte (si decise per l’Iraq, do you remember?) aveva dichiarato che il suo paese era in grado di colpire Seattle con un ordigno nucleare. La stampa americana non ci fece troppo caso, ma Peter Bagge, il fumettaro underground che vive proprio nella Emerald City della costa ovest degli Usa, si era un po’ impressionato. Come sarebbe stato sopravvivere in una Seattle nuclearizzata?

La risposta l’ha disegnata nel suo Apocalypse Nerd! (tradotto in italiano con un meno efficace Apocalisse ora!, Magic Press, 120 pagine, 10 euro), il suo ultimo fumetto in cui un nerd, cioè uno smanettone informatico tutto occhiali e mouse si ritrova nei boschi dello stato di Washington, profugo nucleare e orfano della civiltà a cercare di sopravvivere in un ambiente ostile e pieno di nemici. Tutto comincia con una semplice scampagnata tra le montagne e i boschi del Nordovest americano, per staccare per un paio di giorni dalla tastiera, dalla fidanzata che lo ha mollato e dai ritmi della città. Il problema è che Kim Jong Il, il cattivissimo leader nordcoreano che odia gli uomini capelloni ha lanciato la bomba atomica su Seattle, riducendola a un inferno invivibile da cui scappano migliaia di profughi radioattivi.

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La Repubblica del gossip

Per farmi perdonare dei due mesi di silenzio del blog, voglio
segnalarvi una nuova applicazione da aggiungere al vostro Firefox. E’
più interessante di questo blog e prende un po’ per il culo La
Repubblica, e cosa c’è di più divertente che sputare nel piatto in cui
si mangia? 

Scaricatevi La Repubblica del gossip,
"una estensione per il tuo browser firefox che ti permetterà di
aumentare il livello di gossip della homepage di Repubblica", come
dicono quelli di Autistici/Inventati, e poi aprite repubblica.it:
avrete come per miracolo una visione più equilibrata di quelli che sono
i temi principali del giornale online più letto d’Italia.

Copincollo dal sito di republicofgossip: "Gli articoli dell’homepage di
Repubblica.it rispecchiano i reali interessi dei lettori: stupende
pubblicità, interessanti articoli di sport, moda, televisione,
spettacolo, gossip, tette, seni, culi, calendari, sesso, droga e
plastiche facciali… E probabilmente, loro vorrebbero fare di più! Ma
purtroppo qualcuno nella redazione di Repubblica.it è ancora
interessato a fornire notizie noiose su politica, economia o esteri.
Come far sì che ciò che veramente gli italiani voglio leggere, le
notizie di regime, emergano sul sito di Repubblica?"

Cliccate qui per scaricare direttamente l’applicazione. E non dite che i nerd di A/I non vi vogliono bene.

Loretta Donnely: salva il tuo Starbucks

Seattle è la città dove Starbucks è nato e ha la sua sede centrale. La più grande catena di caffè del mondo, con 16.000 bar di cui 11.000 negli Stati Uniti e qualcuno anche in Europa, è un’istituzione locale. Così, quando il primo luglio la company ha annunciato la chiusura di 616 locali in tutti gli states, la notizia è andata su tutti i giornali. Però nonostante i 12.000 licenziamenti previsti, le proteste non sono arrivate dai lavoratori o dal sindacato ma dai clienti, che si stanno organizzando dappertutto.

Oggi ho incontrato Loretta Donnely, una ex-dipendente della catena che da dieci giorni staziona al tavolino fuori dallo Starbucks di Capitol Hill (uno dei 616 sulla lista nera) raccogliendo firme per impedirne la chiusura. Sta diventando una star locale, con 12.000 firme da mandare a Howard Shultz, il boss della multinazionale che sta a poche miglia da qui, apparizioni in tv e alla radio. La gente che passa davanti al caffè la saluta e si ferma volentieri a firmare. Le ho chiesto mille volte perché ha dato vita a questo grassroots movement per difendere una corporation multimiliardaria quando il suo quartiere è stracolmo di caffé indipendenti, organic, legati strettamente alla comunità. Niente da fare. Lei è determinata e vuole il suo Starbucks nel suo quartiere. Un brand insostituibile.

Loretta dice che "è stata Seattle a creare Starbucks, non possono dimenticarlo. Ora sono loro che devono tornare alla gente, alla comunità e vedere cosa succede qui." Un po’ di equilibrio arriva da Stephen Colbert, un famoso comico che la settimana scorsa durante il suo show alla tv ha detto “questo è il tipo di attivismo dal basso che mi piace, quello che supporta la diffusione delle corporation più infernali”. Tornando a Loretta, quando il discorso cade sul destino dei lavoratori e sull’assenza delle Union, la risposta è quasi ovvia: "i sindacati non servono, questa azienda tratta i suoi lavoratori benissimo." Lo chiederò a qualcuno di quei dodicimila

I turni massacranti delle api precarie

Dopo le api anarchiche che non rispettano la gerarchia e la regina, il nuovo numero del Journal of Experimental Biology parla di lavoro e api che non hanno nemmeno il tempo per dormire. Infatti osservando e filmando il comportamento delle operaie i ricercatori hanno notato che le api più giovani lavorano 24 ore su 24, con momenti di sonno brevi e convulsi durante tutta la giornata. Un continuo curare le larve e correre su e giù per l’alveare, senza certezze e senza orari fissi. Le più vecchie invece lavorano di giorno e dormono di notte, e chiamatele sceme. Vi ricorda qualcosa?

Le api, l’anarchia e il non-lavoro

Dovete sapere che le api operaie hanno la capacità di mettere a tacere il loro sistema riproduttivo in presenza di una regina fertile. Tutto lavoro e zero divertimento. Una ricerca pubblicata sulla rivista Genetics svela che in alcune popolazioni di api definite "anarchiche" la soglia di attivazione delle ovaie si abbassa, e quindi molte operaie se ne fregano della regina e cominciano a produrre uova. Se non ho capito male lo studio è una buona notizia, una volta tanto.

Da Malmo: scienza e comunicazione a convegno

Sono di ritorno da Malmo, dove si è tenuto il decimo PCST, il congresso mondiale sulla Comunicazione pubblica della scienza e della tecnologia. In tre giorni si sono concentrate qualcosa come settanta sessioni parallele sugli argomenti più diversi, trecento relazioni che spaziavano dalla comunicazione del cambiamento climatico ai bambini all’uso del web 2.0 e dei blog, fino al motivo per cui l’imperatore Hirohito si è presentato ai media come "imperatore scienziato" (per far scordare almeno un po’ le sue colpe nelle devastazioni della guerra).

Un congresso tutto sommato senza grosse sorprese, in cui alcune cose interessanti sono venute non dagli accademici ma dagli anfibi: giornalisti/ricercatori, comunicatori senza frontiere. Per esempio Larry Sanger, fondatore di Wikipedia ora impegnato nel progetto Citizendium, un enciclopedia online aperta alla partecipazione pubblica ma non anonima e supervisionata da esperti, che si pone il problema di quanto sia possibile allargare la "radical collaboration" del modello wiki alla scienza.

Oppure, dal lato accademico, uno studio come quello di Hans Peter Peters e altri colleghi sparsi per il mondo, che hanno fatto un’indagine internazionale – che verrà pubblicata il mese prossimo su Science – sulle interazioni tra scienziati e media e sul ruolo delle strutture di PR delle istituzioni scientifiche. In crescita, ovviamente, mentre sempre più scienziati credono che la comunicazione sia un’attività fondamentale che fa parte del loro lavoro quotidiano.

In generale tuttavia il modello che emerge da questo convegno non è troppo vivace, schiacciato com’è sulle necessità della scienza e legato alla capacità di aiutare la politica e le istituzioni a sviluppare le proprie policy di gestione del rapporto tra scienza e cittadini. Per chi avesse voluto uno sguardo più critico, una parziale delusione.

Nerd e rom uniti nella lotta?

Nerd sulle barricate! L’opposizione al governo razzista parte dai laboratori! Oggi dalla segreteria della Sissa di Trieste mi è arrivata questa mail:


Permits of Stay/Permessi di Soggiorno
A: SISSA Users


To all non-European Union students and researchers at SISSA. In view of the possibility of a future tightening up of the regulations governing the Permits of Stay/Permessi di Soggiorno, please regularly check the expiry date of your Permits of Stay (for those of you who are lucky enough to have received one of course!).

Infatti la Sissa, che è un centro di ricerca di respiro internazionale, accoglie decine di ricercatori da tutto il mondo. Il mese scorso (con un altro governo in carica) aveva organizzato una tavola rotonda sul tema, di cui aveva riferito anche l’Espresso. Bene, temo che allora fa il problema fosse nullo in confronto a quello che farà Maroni ai fisici nerd che si ostinano ad arrivare dall’India o dalla Russia. Non sono badanti, no? Lavori forzati! Comunque, la cosa più imbarazzante è quel "per quelli tanto fortunati da aver già ricevuto il permesso di soggiorno". Sì, perché il permesso te lo consegnano dopo mesi di attesa, di solito quando è già scaduto…

Cepu, i tutor precari si ribellano

Zero in condotta ai tutor precari di Cepu, quelli che fanno passare gli esami anche agli studenti più asini: a Bologna si sono ribellati alle vessazioni dell’azienda. Uno sciopero (merce rara tra i precari), un appello, un blog, e l’inizio di una campagna nazionale. Per un po’ dovrete passarli da soli questi esami. Sotto l’articolo uscito sul Manifesto:

Li potremmo prendere a paradigma degli sfruttari italiani, almeno di
quelli che hanno passato anni a studiare: alta scolarizzazione,
contratto cocoprò, retribuzione di pochi euro l’ora, zero diritti e
tutele, mentre intanto il padrone di Cepu e Grandi Scuole – gli
istituti che ti promettono la promozione assicurata – macina lauti
profitti. I due marchi – molto pubblicizzati, conosciuti in passato
anche per gli spot di Alex Del Piero – sono stati fondati da Francesco
Polidori: nel 1969 aveva dato vita alla Marcon – casa editrice di
materiale didattico per il recupero degli anni scolastici – evolutasi
poi in Grandi Scuole nel 1986, a cui nel 1991 si affiancò la Cepu (e
tra l’altro nel 1995 il gruppo acquisì la storica Scuola Radio Elettra
di Torino).

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