Heathrow: siamo armati solo di scienza

armedwithpeerreview2.jpgAll’aeroporto londinese di Heathrow il Climate Action Camp della settimana scorsa ha dato vita a un movimento ecologista che ritiene che per salvare il mondo sia indispensabile un cambiamento sociale.

Guardate la foto qui a fianco. Gli attivisti marciano verso Heathrow sotto uno slogan esplicito: «siamo armati solo di scienza sottoposta a peer review». Quella che da anni avverte, sempre più compatta, che la catastrofe climatica si avvicina, e che la colpa è della CO2 prodotta dalle attività umane. Cui contribuiscono in misura crescente le emissioni dovute al traffico aereo, un settore in esplosione irrefrenabile.

Dal campo, organizzato secondo principi di risparmio energetico, vegano e alimentato da pannelli solari, ci arriva un nuovo esempio di uso diretto delle conoscenze scientifiche da parte di movimenti sociali. Avevate mai visto un corteo che invece del Libretto rosso di Mao sventola le pagine del rapporto su traffico aereo ed emissioni pubblicato dal Tyndall Center for Climate Research? Un movimento che fa un uso più smaliziato dei dati scientifici, certo, ma che non fa che mettere in atto quello che (quasi) tutti i governi del mondo si guardano bene dal fare, sotto alla cortina fumogena dei proclami ambientalisti.

Ma la salvezza non verrà certo dal nuovo business del carbon offset, denunciato occupando e bloccando le sedi di Climate Care Oxford e Carbon Neutral Company a Londra. Quello che reclamano dal Climate Camp, infatti, è qualcosa di più di una riduzione cosmetica delle emissioni: «Social change, not lifestyle change». E dal sound system a pedali del campo uscivano queste parole: «Non solo un cambiamento del clima, ma anche un clima di cambiamento».

Pesa di più un chilo di carne…

Un chilo di carne? Peggio che guidare un’auto per tre ore lasciando tutte le luci di casa accese. Lo dice uno studio giapponese che prende in considerazione gli effetti della produzione di carne sul riscaldamento globale, sull’inquinamento e sul consumo di energia.

Secondo la ricerca, pubblicata su Animal Science Journal, per produrre un chilogrammo di carne si emette l’equivalente di 36,4 chilogrammi di anidride carbonica (senza contare i pesticidi e i fertilizzanti e l’energia consumata). Insomma, più o meno come percorrere 250 chilometri in auto e lasciare accesa una lampadina da 100 watt per 20 giorni.

Naturalmente si tratta di uno studio parziale, in cui si usano gli standard di produzione giapponesi ma senza calcolare l’impatto, per esempio, del trasporto della carne. Ma i due terzi dell’energia necessaria per produrre il famoso chilo di carne se ne vanno per il trasporto del cibo con cui nutrire gli animali. E tra le soluzioni proposte dagli autori, non figura l’opzione vegetariana, o meglio ancora vegana, che pure in altri studi è risultata di gran lunga la più efficace nel ridurre il nostro impatto sul pianeta.

La forza armata del pensiero

Chip impiantati nel cervello, grazie ai quali dei futuribili supersoldati potranno comandare gli armamenti con il pensiero. Ma che possono anche essere usati per curare la cecità e il morbo di Parkinson. Sono i possibili percorsi applicativi delle neuroscienze, quel ramo della ricerca che studia il cervello e che negli ultimi anni sta facendo passi da gigante, ricevendo fondi sempre maggiori.

Certo, ci sono molti problemi aperti, teorici e pratici, a causa della complessità del cervello, la struttura più intricata che l’evoluzione abbia prodotto. Ma ci sono anche dilemmi di tipo etico, e per discuterli negli ultimi anni è sorta un’intera disciplina: la neuroetica, che si occupa delle ricadute di questa disciplina sulle nostre esistenze e sul nostro stile di vita. Per esempio quando viene prodotto un nuovo farmaco per potenziare l’intelligenza, quando si propone di sottoporre i sospetti criminali a macchine della verità, o si studiano i meccanismi neurali dell’orientamento sessuale o dei comportamenti violenti.

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La fisica di Chavez

«Un piano di destabilizzazione del paese.» Secondo la Asamblea Bolivariana de Trabajadores del Ivic la solidarietà raccolta dal fisico Claudio Mendoza, che è stato sollevato dal suo incarico di direttore di laboratorio dell’Instituto Venezolano de Investigaciones Cientificas per aver pubblicato su un quotidiano nazionale un articolo sarcastico sulla politica nucleare del Venezuela, è addirittura un caso di tradimento della patria.

La vicenda è esplosa dopo che nell’autunno 2006 Mendoza aveva attaccato il governo bolivariano di Chavez, che ha stretto un’alleanza in campo nucleare con l’Iran di Ahmadinejad e che viene accostato anche alla Corea del Nord, l’altro pretendente all’ingresso nel club atomico.

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Addio, triste mercoledì!

Ieri è morto Kurt Vonnegut. Aveva ottantaquattro anni.

Chissà se lo rivedremo sul pianeta Tralfamadore con Kilgore Trout.

Queste parole le ha rivolte agli altri scrittori di fantascienza:

Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni

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Stop disasters game

Da Molleindustria

Se non siete riusciti a salvare il mondo con climate challenge non vi resta che prepararvi alla catastrofe climatica con stopdisastersgame.

L’online game che nasce da un’iniziativa dell’onu (l’ISDR) è basato su uno schema di gioco particolarmente appropriato che ricorda alla lontana SimCity e le sue apocalissi attivabili a comando. Il giocatore può scegliere tra vari scenari contraddistinti da particolari condizioni geografiche e da un caratteristico disastro "naturale": i caraibi e i loro uragani, l’australia e gli incendi, il mediterraneo e i terremoti e naturalmente l’asia del sud e gli tsunami.

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Cinque minuti per noi…

Sono le 23.55. Il Doomsday Clock, lo spaventoso "Orologio del Giorno del Giudizio" che segna il conto alla rovescia verso la guerra nucleare, si è mosso in avanti di due minuti. Da oggi mancano cinque minuti a mezzanotte.

Il Bulletin of Atomic Scientists, la rivista fondata da alcuni dei fisici del Progetto Manhattan che dal 1947 registra il pericolo di conflitti atomici muovendo avanti e indietro le lancette del grande orologio situato nell'Università di Chicago, ha fornito tre motivazioni per lo spostamento verso l'apocalisse:

Anzitutto le 27,000 testate nucleari sparse per il mondo, 2000 delle quali pronte al lancio nel giro di pochi minuti. Magari il pericolo non verrà da Stati uniti e Russia, che comunque ne hanno in rampa di lancio un migliaio a testa. Ma le nuove potenze nucleari come Corea del Nord, Pakistan e India, e probabilmente tra qualche anno Iran sono una minaccia crescente.

Poi i cambiamenti climatici, che minacciano di distruggere molti degli habitat della specie umana. Per esempio quello degli Inuit, che tra pochi anni potrebbero trovarsi sciolto il loro bel pack (senza aver mai bruciato un litro di benzina).

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Il mondo dopo una guerretta nucleare

wargames.jpgC'è chi si diverte a creare modelli del cambiamento climatico dopo una guerra con bombe atomiche: bene, una volta si parlava di inverno nucleare come conseguenza di una guerra termonucleare globale (chi non ricorda il film War Games?).

Ma le simulazioni al computer presentate pochi giorni fa al meeting della American Geophysical Union hanno rivelato che anche un'insignificante, innocua guerretta regionale, nella quale due piccole potenze nucleari si scambiano soltanto un migliaio di kilotoni, avrebbe effetti catastrofici sul clima globale.

Stiamo parlando di cento Hiroshima, ma grazie agli avanzamenti tecnici degli ultimi decenni potremmo cavarcela con sole cinque o sei Bombe moderne, lo 0,03% degli arsenali globali: basterebbero per riportare la Terra all'ultima glaciazione, innalzando una colonna di fuliggine di dodici chilometri, che oscurerebbe mezzo mondo per un mese, eccetera eccetera.

È bello associare questi dati alla proliferazione in atto soprattutto tra le mini potenze regionali (appunto) come Iran, Israele, Pakistan o Corea del Nord. Per esempio, perchè paesi strapieni di petrolio a costo zero come Qatar, Bahrein, Kuwait, Oman e Arabia saudita dovrebbero mettersi a sviluppare centrali nucleari? Forse per produrre un po' di plutonio, che non si sa mai?

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Arriva il ciclone Al Gore

È uscito il nuovo libro di Al Gore: Una scomoda verità. Come salvare la Terra dal riscaldamento globale, Rizzoli editore, 336 pagine, 30 euro.

Quest'estate mi ero stupito nel vedere le vetrine delle librerie degli Stati uniti così stracolme di questo libro, ma oggi addirittura scopro che il film-documentario dallo stesso titolo sarebbe in corsa per gli Oscar del 2007, dopo il successo raccolto a Cannes.

Sia il libro che il film, molto simili dal punto di vista dell'impianto comunicativo, spettacolarizzano i dati scientifici e puntano tutto sulla rappresentazione hollywoodiana della catastrofe. Cosa c'è di meglio di una bella fine del mondo per coinvolgere emotivamente gli spettatori?

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L’ultima Bomba di Blair

Mentre in Gran Bretagna si muore di Polonio 210 e mezzo mondo si dispera per la possibilità che dopo la Corea del Nord anche l'Iran si doti della Bomba, il vulcanico Tony Blair annuncia che varerà un piano per rinnovare l'arsenale atomico britannico da qui al 2024, anno in cui ritiene che il deterrente nucleare sarà ancora indispensabile.

Oggi infatti si scopre che il damerino inglese, come lo chiamava Luigi Pintor, ha deciso di finanziare con qualcosa come cinquanta miliardi di euro (una finanziaria italiana e mezzo) lo sviluppo di un nuovo tipo di sommergibile nucleare della classe Vanguard, che scorazzerà per il mondo le testate strategiche Trident, di fabbricazione americana. Il parlamento britannico approva.

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