Prendiamo il dna anche ai bambini?

L’idea è di Gary Pugh, capo della sezione scientifica di Scotland Yard e della Association of Chief Police Officers. Prelevare e catalogare il dna dei bambini delle scuole, se mostrano comportamenti che indicano che in futuro potrebbero diventare criminali, qualunque cosa ciò significhi.

Secondo Pugh, "dobbiamo scoprire chi potrebbe rappresentare la minaccia maggiore per la società", e più sono giovani meglio è, se li si scheda per motivi di sicurezza. I loro dna si aggiungerebbero ai 4,5 milioni di campioni già raccolti in Gran Bretagna: il più grande database d’Europa, ma secondo Pugh "il numero di crimini non risolti dice che non stiamo campionando le persone giuste". Infatti una schedatura più ampia sarebbe difficile, anche per motivi tecnici ed economici (per ora). Si tratta di scegliere meglio le persone, cominciando dai bulli che rubano le merende dei compagni.

 Più avanti di tutti, comunque, c’è Disney World: per accedere a molte attrazioni occorre lasciare la propria impronta digitale in una delle macchinette all’ingresso. Per evitare scambi e compravendite di biglietti, naturalmente.

Operazione: Pretofilia. Sia fatta la sua Volontè

La censura dell’integralismo cattolico si abbatte sui videogame ma si scontra con la forza della rete. Dopo l’intervento della delirante Lega anti-diffamazione cattolica e dopo l’interrogazione parlamentare di Luca Volontè dell’Udc, Molleindustria ha ritirato dal sito il suo nuovo videogame, Operazione: pretofilia.
Orrore, il gioco era un atto d’accusa contro le politiche di copertura del Vaticano nei confronti dei preti pedofili.

Come sempre succede, molti altri siti hanno deciso di pubblicare il gioco per aggirare le censure dall’alto, tra cui diversi blog della piattaforma NoBlogs di A/I.
Ma nella notte tra il 2 e il 3 luglio Dio ha telefonato in America, convincendo i gestori del server a oscurare tutta la piattaforma NoBlogs, vale a dire centinaia di blog, non solo quelli che mirroravano il gioco.

I risultati sono stati tre: testare il funzionamento del Piano R* di Autistici, una rete di server sparsi per tutto il mondo sviluppata proprio per resistere ad attacchi di questo tipo: dopo poche ore NoBlogs era tornato in piedi; verificare che (come hanno confermato gli avvocati del server Usa) il gioco in questione non aveva nulla di illegale, cioè non rappresentava nessuna istigazione alla pedofilia – casomai la metteva all’indice; aumentare ancora di più la fama e la diffusione del gioco, che ora potete trovare sul sito di Volontè, ma anche qui, qui, qui, qui, ecc

La forza armata del pensiero

Chip impiantati nel cervello, grazie ai quali dei futuribili supersoldati potranno comandare gli armamenti con il pensiero. Ma che possono anche essere usati per curare la cecità e il morbo di Parkinson. Sono i possibili percorsi applicativi delle neuroscienze, quel ramo della ricerca che studia il cervello e che negli ultimi anni sta facendo passi da gigante, ricevendo fondi sempre maggiori.

Certo, ci sono molti problemi aperti, teorici e pratici, a causa della complessità del cervello, la struttura più intricata che l’evoluzione abbia prodotto. Ma ci sono anche dilemmi di tipo etico, e per discuterli negli ultimi anni è sorta un’intera disciplina: la neuroetica, che si occupa delle ricadute di questa disciplina sulle nostre esistenze e sul nostro stile di vita. Per esempio quando viene prodotto un nuovo farmaco per potenziare l’intelligenza, quando si propone di sottoporre i sospetti criminali a macchine della verità, o si studiano i meccanismi neurali dell’orientamento sessuale o dei comportamenti violenti.

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Steven Rose: il cervello dopo l’11settembre

Sull'Unità di giovedì 24 maggio è uscita una mia intervista a Steven Rose, biologo, che dirige il gruppo di ricerca sul cervello e il comportamento della Open University, in Inghilterra. Alla carriera di ricercatore Rose ha da anni affiancato un lavoro culturale, ritagliandosi un ruolo di critico della visione strettamente deterministica della natura e del comportamento dell’essere umano. Quella, per intenderci, che fa sì che i giornali possano titolare «trovato il gene dell’omosessualità».

Per Steven Rose il cervello (la struttura più complessa tra quelle prodotte dall’evoluzione) deve essere studiato usando strumenti più ampi di quelli che le moderne neuroscienze hanno a disposizione. Anche se la frontiera della conoscenza scientifica del cervello si sta rapidamente spostando verso risultati sbalorditivi: nel suo ultimo libro, Il cervello del ventunesimo secolo, Rose si è dedicato proprio alle conseguenze dello sviluppo delle neuroscienze e delle tecnologie di intervento sul cervello umano. Conquiste importanti ma delicate, nel momento in cui la possibilità di manipolare una mente umana si fa sempre più reale.

Professor Rose, scienza e tecnologia stanno esplorando sempre più a fondo il nostro cervello. La scienza svelerà i misteri della mente? Continue reading “Steven Rose: il cervello dopo l’11settembre”

Luci e ombre di Google

Su Liberazione di oggi una mia intervista a Ippolita, «Comunità di scriventi» che ha da poco pubblicato il suo secondo libro: Luci e ombre di Google. Sotto l’intervista e qui il libro scaricabile gratuitamente.

«Don’t be evil», non essere cattivo. È il motto di Google, paradiso dell’accesso alla conoscenza, dell’innovazione e della gratuità. Ma Google ha anche un’altra faccia, più nascosta ma non meno importante, il suo lato oscuro: il principale strumento con cui navighiamo sul web e cerchiamo informazioni è un grande fratello tecnologico?

Se lo chiede Ippolita, nome collettivo di un gruppo di ricercatori e attivisti che si dedicano ad analizzare con uno sguardo critico la rete e le tecnologie dell’informazione. Con un’attenzione particolare agli aspetti tecnici – alcuni di loro sono informatici – ma senza mai separarli dai loro rapporti con le pratiche sociali che animano internet. Anche per questo il loro ultimo libro, Luci e ombre di Google. Futuro e passato dell’industria dei metadati (Feltrinelli, 176 pagine, 9,50 euro) è scaricabile gratuitamente dal sito di Ippolita ed è rilasciato sotto licenza Creative Commons: chiunque può usarlo, modificarlo, pubblicarlo se non ne fa uso commerciale.

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Attacco a Cryptome

«Dear Mr. Young,

This letter is to notify you that we are terminating your service for violation of our Acceptable Use Policy, effective Friday May 4, 2007. We are providing you with two week notice to locate another service provider.»

Da queste poche righe Cryptome, il sito di controinformazione di John Young (foto) ha appreso che il suo provider smetterà di fornirgli il servizio di hosting.

Il provider non fornisce alcuna spiegazione salvo accusare Cryptome di «Violazione delle policy di uso». Non è chiaro quale sia il legame tra questa misura e l'attività di Cryptome, un sito che funziona come una raccolta di informazioni relative a libertà di espressione, privacy, crittografia, oltre a documenti segreti dei governi di tutto il mondo. Noto anche per aver pubblicato foto segrete di soldati statunitensi morti in Iraq e liste di agenti dell'intelligence americana, Young ha avuto diversi problemi con la legge, comprese alcune visite della Fbi.

Ora il gestore di Cryptome si chiede se dietro alla decisione del suo provider ci siano pressioni governative o azioni legali segrete. Per saperlo, chiede ai responsabili del provider di scrivergli in forma anonima, se necessario per tutelare il loro posto di lavoro.

Update 2 maggio 2007: Cryptome è ora raggiungibile a questo indirizzo: http://cryptome.sabotage.org/

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Sotto il vestito niente

L'aeroporto Sky Harbor di Phoenix in Arizona ha sperimentato in pubblico un nuovo scanner a raggi X che permette di vedere sotto ai vestiti, mostrando il corpo con chiarezza e individuando eventuali armi nascoste.

Secondo le dichiarazioni della Transportation Security Administration il nuovo scanner è completamente volontario: solo chi non passerà il controllo al metal detector può sceglierlo in alternativa alla classica perquisizione manuale.

Le prime critiche accusano la nuova macchina di non rispettare la privacy, ma lo Sky Harbor assicura che le regolazioni la rendono incapace di vedere altro che il contorno del corpo. Inoltre le immagini vengono analizzate da un operatore a distanza, che non vede il passeggero, e non sono conservate in alcun database.

Al modico prezzo di centomila dollari l'una, saranno acquistate dallo Sky harbor e da altri aeroporti (si sono fatti avanti Los Angeles e New York) se supereranno i primi novanta giorni di sperimentazione.

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Chip & Nasdaq

Pochi giorni fa VeriChip, un’azienda statunitense produttrice di chip Rfid impiantabili, si è quotata in borsa, rilasciando 3,1 milioni di azioni a 6,50 dollari l’una nel mercato del Nasdaq. Il problema è che in tutto il 2006 solo 222 pazienti hanno scelto di farsi installare i suoi microchip sottocutanei.

Con questi soldi VeriChip spera di coprire almeno parte dei debiti contratti negli ultimi anni, ma le sue azioni stanno già perdendo quota. Nonostante il roboante annuncio secondo il quale soltanto negli Stati Uniti ci sono 45 milioni di pazienti che potrebbe aver bisogno dei loro microchip.

Impiantati nel braccio (nella regione del tricipide) o nella mano, questi chip trasmettono agli appositi scanner un codice a sedici cifre che può essere inserito in un database contenente i dati della persona che lo porta.

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Spionaggio popolare

Il Ministero della Pubblica sicurezza cinese ha annunciato che aprirà al pubblico l'accesso al suo mega database, il più grande del mondo, completato nel dicembre scorso e contenente i dati personali di 1,3 miliardi di cittadini.

Chiunque potrà scrivere una mail al ministero oppure entrare nel suo sito web, inserire il codice di una carta di identità e verificare che non sia falsa. Inoltre potrà controllare la foto del titolare del documento. Il database non fornirà altri dati «sensibili», per «tutelare la privacy dei cittadini», come afferma lo stesso ministero.

La Cina afferma che il 90 per cento dei crimini viene commesso da persone in possesso di un documento falso. Ma oltre alla prevenzione di frodi e truffe l'apertura del database servirà anche a permettere ai cinesi di controllare che nome, foto e numero di codice della loro carta di identità siano esatti.

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