Non astenerti: vota il tuo Big Brother

Anche quest’anno arriva il Big Brother Award Italia 2008, il premio “grande fratello” dedicato ai nemici della privacy, ai peggiori intercettatori e a chi si diverte con i nostri dati personali. Fino al 19 aprile, in pieno periodo elettorale, puoi votare (in totale anonimato) i candidati alle nomination. Tra i nomi più votati sarà poi una giuria, che per ora resta segreta, a scegliere i vincitori. Organizzano come al solito quelli del progetto Winston Smith. Le categorie del premio sono "Lamento del Popolo", "Peggiore ente pubblico", "Peggiore azienda privata", "Tecnologia piu’ invasiva" e "Bocca a stivale". L’anno scorso le avevano vinte Telecom, Comune di Milano, Google…

Io ho già votato: Governo Prodi per il pacchetto sicurezza, Scotland Yard per l’idea di prendere il dna ai bambini e Facebook per il casino dei dati personali degli utenti. Ah c’è anche la categoria "Winston Smith – eroe della Privacy" e lì in un momento di scarsa fantasia ho votato Autistici/Inventati, che dona alle masse caselle postali, liste e blog totalmente anonimi. Lunga vita.

Banksy, Science e l’arte dello scroccone antisociale

Con ritardo di un mesetto segnalo che Science ha messo in copertina Banksy, il graffitaro illegale londinese ultra-trendy e ormai insopportabile per quanto appare in tutte le salse. Stavolta la sua opera serve per raccontare un esperimento: economisti hanno scelto 16 città di tutto il mondo e in ognuna hanno messo alcune persone a giocare a un gioco in cui dovevano scegliere se sacrificare il proprio vantaggio immediato a favore del bene comune.

Ovviamente, come in tutti questi esperimenti, sono emersi degli scrocconi, egoisti cattivoni che cercano di sfruttare la situazione a loro vantaggio, fregandosene della cooperazione e della legalità. Fin qui tutto normale, ma il bello è arrivato quando i ricercatori hanno dato agli altri la possibilità di punire i comportamenti antisociali infliggendo multe e castighi. Nelle città di Usa, Svizzera e Gran Bretagna, gli scrocconi hanno accettato la (giusta?) punizione e sono diventati più cooperativi. Invece, in quelle di paesi più autoritari come Russia, Arabia Saudita o Grecia, gli scrocconi non hanno chinato la testa e si sono vendicati di chi li aveva puniti, alla faccia del bene comune: è la "punizione antisociale", la vendetta degli scrocconi!

C’è chi conclude che le società capitaliste democratiche non si basano solo sugli interessi materiali ma anche sulle maggiori virtù morali dei loro abitanti. Science, nel commento alla copertina di Banksy, dice che "un comportamento umano che si potrebbe definire punizione antisociale può essere anche chiamato arte. Le istituzioni prosociali, come la campagna Tieni in ordine la Britannia, chiama il lavoro di Banksy vandalismo". Voi da che parte state?

Venter vs. noantri, ieri a Bologna

Ieri a Bologna si parlava di geni e bit. Pubblico delle grandi occasioni, traduzione simultanea, location di classe. Infatti erano ospiti due biotecnologi di fama come Rino Rappuoli (Capo della Ricerca Vaccini di Novartis) e la rockstar Craig Venter dell’istituto omonimo (del resto è suo).

E’ stato interessante ascoltare i mega spot dei cattivoni per eccellenza, la Novartis figuriamoci, e i modelli di business di Venter. Che per la cronaca insiste sull’idea di digitalizzare la vita (come da titolo della giornata) e "generare nuova vita a partire dal mondo digitale". Propositi – e prodotti, prima o poi – della sua Synthetic Genomics, Inc. ma anche classici sogni della biologia moderna.

Meno carini i 50 minuti di introduzione, perfetto esempio di autocelebrazione all’amatriciana, propinati ai presenti dai genetisti bolognesi della European Genetics Foundation. Un lungo elenco delle loro attività dal 1800 a oggi e di tutti i biologi famosi passati per le loro stanze. Ah, in sala girava un appello che uscirà su Nature della settimana prossima: oddio, la campagna elettorale non si occupa della ricerca italiana. Visti i risultati in proposito dell’ultimo governo e vista l’immagine che da di sé chi dirige la ricerca italiana, forse è meglio così. Ma su questo ha già detto tutto lui.

Manuale di sopravvivenza per precari

San Precario ha fatto il miracolo: ti senti vittima di comportamenti scorretti sul posto di lavoro? Ti sembra che il tuo datore di lavoro non rispetti i tuoi diritti? Non sai che fare? Sappilo, con il "Piccolo manuale di sopravvivenza. Orientarsi nel mondo dei contratti e degli stipendi" appena pubblicato dal Punto San Precario. 

Infatti "sembra assolutamente raro trovare datori di lavoro disposti ad essere chiari e corretti, cosa che genera un enorme flusso di informazioni errate tra i lavoratori stessi: esse sono spesso figlie di ipotesi, dicerie, convinzioni e non aiutano chi lavora a concentrarsi serenamente sui propri compiti, acuendo la sensazione di essere spesso sfruttati o addirittura truffati".

Scarica il manuale e troverai informazioni su contratti, orari, diritti, retribuzioni. Se poi scopri di aver davvero bisogno di aiuto e i sindacati non riescono a dartelo, puoi sempre contattare il santo in persona.

Italia 2. Viaggio nel paese che abbiamo inventato

Quante italie ci sono? Una per ogni gusto. E se quella che vogliamo non c’è la possiamo costruire, in plastica, celluloide e perlinato. Così finalmente tutti potranno scegliere in quale reality show vivere, alla faccia della monotonia di tutti i giorni. Intanto potete valutare il catalogo ampio, anche se volutamente parziale e personale, compilato da Cristiano de Majo e Fabio Viola, che in Italia 2. Viaggio nel paese che abbiamo inventato (Minimum fax, 338 pagine, 16 euro) hanno raccontato le italie di plastica, quelle prodotte ad uso e consumo dei nostri immaginari collettivi più che della realtà delle nostre vite.

Il loro tour in queste italie pop che invadono il territorio come parchi tematici tentacolari, ramificandosi all’interno del mondo cosiddetto normale che le circonda, è diventato una lettura piacevole, a tratti spassosa ma che in alcune pagine può rischiare di farci cadere in disperazione: in fondo le italie 2 sono proprio di fianco a casa nostra, e da un giorno all’altro potrebbero contagiare anche noi. Ho tremato al pensiero delle due realtà parallele più vicine a me: lo sfigatissimo santuario della madonna del pero di San Damiano, orrendamente vicino all’aeroporto da cui decollavano i Tornado diretti a bombardare la Serbia, e l’incredibile outlet di Fidenza, un’esperienza onirica, un villaggio che nel bel mezzo della bassa unisce templi egizi e castelli medievali (ma niente paura, sono solo negozi di vestiti).

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Il business lava piĆ¹ verde

C’è un mondo dove le auto non inquinano e scorazzano in terre incontaminate (cioè senza auto), dove le multinazionali del petrolio producono energia pulita e si può fermare il riscaldamento climatico consumando di più. È quello della pubblicità, in cui le aziende più inquinanti cercano disperatamente di nascondere le loro code di paglia, darsi una bella mano di verde e rivendersi come protettrici dell’ambiente.

Il dubbio però è che come al solito stiano difendendo i loro profitti, e non le nostre vite. Se volete votare gli spot più ipocriti andate sul sito del Greenwashing Index, e partecipate alla pagella collettiva per bocciare le pubblicità che lavano più verde.

Zero comments

È uscito l’ultimo libro di Geert Lovink: Zero comments, Teoria critica di Internet (Bruno Mondadori, 192 pagine, 14 euro). Il pregio principale di questo libro è quello di porsi il problema che gli apologeti del web 2.0 cercano sempre di nascondere sotto al tappeto: «Perché gli utenti dovrebbero continuare a pubblicare tutti quei dati
privati, dai quali una manciata di aziende ricava miliardi di dollari
di profitti? Perché dovrebbero cedere gratuitamente i loro contenuti
mentre un pugno di imprenditori del Web 2.0 sta facendo i milioni?»

Insomma, al di là della retorica sulla gratuità di Internet (Lovink l’aveva chiamata «ideologia del free») e di quella della democrazia della rete c’è un mondo da analizzare. Una delle categorie usate è quella del nichilismo. Non certo in senso galimbertiano (oddio, i giovani non hanno più valori!) ma ritrovando negli utenti della rete la capacità di distruggere i mostri della comunicazione: «I blogger non rappresentano altro che sé stessi. E in questo senso
livellano, azzerano le strutture centralizzate di senso. Le autorità,
dal Papa ai partiti alla stampa, non influenzano più la nostra visione
del mondo».

Va bene, forse anche Lovink si lascia un po’ prendere la mano. Però la domanda finale prima o poi dovrà trovare risposta: «Perché non usiamo la nostra “immaginazione collettiva” per escogitare modelli sostenibili per una cyber-infrastruttura pubblica?»

PS: consigli per i lettori. Se non siete patiti della New media art, saltate a piè pari l’ultimo capitolo. E quando leggete che «È ora di rompere il consenso libertario» fate come se fosse «rompere il consenso liberista». L’ho tradotto io, ma questa non è certo opera mia. Geert, non volermene.

Fatti la tua Repubblica

Vuoi spargere un po’ di panico in rete, o più semplicemente divertirti? Usa la nuova piattaforma blog di Fake is a Fake, che ti permette di riprodurre alla perfezione le pagine di La Repubblica, Osservatore Romano, Financial Times, Casa bianca e WTO.

Come dicono quelli di Fake is a Fake, per una volta puoi parlare con la voce del padrone. Lo dicono anche in un’intervista alla Repubblica: "finalmente il falso è alla portata di tutti". Approfittane.

There is not just one Truth.

There are not many Truths.


Tertium datur: Truth is nonsense.


– Luther Blissett –

 

Prendiamo il dna anche ai bambini?

L’idea è di Gary Pugh, capo della sezione scientifica di Scotland Yard e della Association of Chief Police Officers. Prelevare e catalogare il dna dei bambini delle scuole, se mostrano comportamenti che indicano che in futuro potrebbero diventare criminali, qualunque cosa ciò significhi.

Secondo Pugh, "dobbiamo scoprire chi potrebbe rappresentare la minaccia maggiore per la società", e più sono giovani meglio è, se li si scheda per motivi di sicurezza. I loro dna si aggiungerebbero ai 4,5 milioni di campioni già raccolti in Gran Bretagna: il più grande database d’Europa, ma secondo Pugh "il numero di crimini non risolti dice che non stiamo campionando le persone giuste". Infatti una schedatura più ampia sarebbe difficile, anche per motivi tecnici ed economici (per ora). Si tratta di scegliere meglio le persone, cominciando dai bulli che rubano le merende dei compagni.

 Più avanti di tutti, comunque, c’è Disney World: per accedere a molte attrazioni occorre lasciare la propria impronta digitale in una delle macchinette all’ingresso. Per evitare scambi e compravendite di biglietti, naturalmente.

Neurohabitat. Cronache dall’isolazionismo

Chiuso in casa, solo, sempre e soltanto da solo. Sospeso in un futuro immaginario, in cui è ambientata la storia, ma anche chiuso in un eterno presente. È il personaggio di Neurohabitat. Cronache dall’isolazionismo, l’ultimo fumetto di Miguel Ángel Martín pubblicato ora anche in Italia da Coniglio editore (80 pagine, 11 euro), nella quale le matite del disegnatore spagnolo tratteggiano un futuro che scaturisce dalla sua apocalittica visione del presente.

Torna in campo, infatti, il mondo cui Martín ci aveva abituato con il suo capolavoro Brian the brain, accompagnato dal tratto essenziale, quasi chirurgico, cui ha abituato i suoi lettori. Si tratta di un mondo caratterizzato dall’uso diffuso delle tecnologie genetiche e mediche, ma anche da quelle dell’informazione.

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