Open access: i fisici delle particelle premono l’acceleratore

Al Cern di Ginevra si è svolto il primo meeting delle agenzie di finanziamento della fisica delle particelle, e si è costituito un consorzio per la pubblicazione open access delle ricerche, lo Scoap3 (Sponsoring Consortium for Open Access Publishing in Particle Physics).

È la prima volta che un intero settore scientifico si propone di convertirsi da un modello «paga chi legge» a uno «paga chi scrive» aperto. Ora si tratta di trovare una forma di finanziamento per le pubblicazioni, che nel modello attuale si erano sostenute – con alti profitti – tramite la vendita degli abbonamenti, e che dovranno invece essere finanziate da apposite agenzie.

«Soffia un vento di cambiamento e con lui la possibilità di sperimentare nuovi modelli – in questo il Cern è percepito come un pioniere del nuovo paradigma di pubblicazione e Scoap come un progetto pilota per lo sviluppo futuro della pubblicazione scientifica», ha dichiarato Pēteris Zilgalvis della Commissione europea.

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La scienza del web

Tim Berners-Lee«Il Web non è fatto solo di computer. Il Web sono persone che, certo, sono connesse tramite i computer. Ma l'informatica, che studia quello che succede in un pc, non ci dice quello che succede nel Web». Parola di Tim Berners-Lee, il padre del World Wide Web, concepito quando lavorava nei laboratori del Cern di Ginevra.

Il 2 novembre Berners-Lee ha lanciato un programma di ricerca che si chiama «Web science» e che studierà la struttura della rete nelle sue due dimensioni: sociale e ingegneristica. Infatti la forma di produzione dei contenuti sul Web 2.0 è collettiva, frutto di milioni di intelligenze connesse dalle tecnologie decentrate di internet. Comprendere questo magma e i suoi risultati sarà lo scopo della Web Science Research Initiative di Berners-Lee, che oggi lavora al Mit di Boston e all'Università di Southampton. In uno sforzo congiunto, le due università daranno ai propri studenti la possibilità di seguire un piano di studi di Web science, e entro due anni inaugureranno veri e propri corsi di laurea.

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Più riviste per i poveri

Mille riviste scientifiche liberamente consultabili dai ricercatori dei paesi poveri. Anche se si tratta soltanto delle riviste di discipline legate all'ambiente, l'apertura dei loro archivi non è cosa da poco per i diretti interessati, gli scienziati dei paesi di Africa, Asia e Sudamerica che hanno un Pil pro-capite minore ai mille dollari (in Italia arriviamo a 27.000).

L'Online Access to Research in the Environment è un progetto lanciato il 30 ottobre dal Programma per l'ambiente dell'Onu e dall'Università di Yale. Per ora sono coinvolte settanta nazioni, ma dal 2008 si aggiungeranno altri trentasette paesi con un Pil pro-capite compreso tra mille e tremila dollari.

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Crowdsourcing news

Quando News-Press, il giornale di Fort Myers in Florida, ha chiesto ai suoi lettori di Cape Coral di aiutare il giornale a capire il perchè dei prezzi elevati delle forniture dell'acqua alle case, il suo sito ha avuto in un mese più contatti che in tutta la sua storia. Centinaia di persone da tutto il mondo, ingegneri in pensione e ragionieri curiosi hanno investigato e prodotto un reportage che ha costretto la città ad abbassare le tariffe.

Questa è solo una delle tante storie che secondo Jeff Howe, inventore del termine crowdsourcing, hanno portato il grande gruppo editoriale Gannett a interessarsi dei cosiddetti users generated contents. E a lanciare un progetto che da maggio li integrerà nelle novanta testate statunitensi possedute dal gruppo, tra cui Usa Today, uno dei quotidiani più diffusi al mondo. Continue reading “Crowdsourcing news”

Brevetti e peer review

Assegnare all'intelligenza collettiva della rete il compito di controllare le invenzioni in attesa all'ufficio brevetti. L'ennesima applicazione del cosiddetto web 2.0 la propone una cordata di aziende, General Electric, IBM, Microsoft, Red Hat e Hewlett-Packard insieme alla New York Law School e all'Ufficio brevetti statunitense, l'U.S. Patent and Trademark Office (Uspto).

Il progetto si chiama Community Patent Review e cercherà di cambiare, per ora nel campo del software, il processo di revisione delle richieste di brevetto, che devono essere depositate e sottoposte a un attento esame prima di essere accettate. Il progetto pilota partirà all'inizio del 2007 e durerà un anno, durante il quale scienziati e ingegneri potranno sottoporre le loro invenzioni all'ufficio brevetti americano tramite un sistema online. Tutti i documenti saranno da qual momento liberamente accessibili via internet, aperti al commento pubblico.

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World Vegan Day

1 novembre: World Vegan Day! In tutto il mondo si festeggia l'alimentazione senza prodotti di origine animale.

Per partecipare alla giornata segnalo un paio notizie interessanti anche se non recentissime.

– La rivista Earth Interaction ha pubblicato uno studio che dice che l'alimentazione che seguiamo è importante come il tipo di auto che guidiamo, per quanto riguarda il nostro impatto sul clima globale. La percentuale di combustibili fossili usata per la produzione e il trasporto del cibo si aggira attorno al 17%, negli Usa. Lo studio di diverse diete (vegetariana, carnivora,dieta americana media) ha permesso di calcolare che, a parità di calorie ingerite quotidianamente, la dieta vegana è di gran lunga quella che produce meno gas serra, soprattutto anidride carbonica e metano.

– La Mintel Reports, una società di analisi di mercato, ha stimato in 2,8 miliardi di dollari il mercato dei sostituti della carne, per esempio quelli a base di soya come il tofu o quelli a base di cereali come il seitan. Prodotti in vertiginosa crescita di vendite.

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A fin do mundo!

Il 24 ottobre il Wwf presenta in Cina il suo nuovo Living Planet Report. Il documento contiene una data che in poche ore fa il giro del globo, rimbalzando su tutti i giornali: la data della fine del mondo. È il 2050, anno in cui, a questi ritmi di crescita, serviranno le risorse di due Terre per far fronte alle esigenze dell'umanità. Nuovi pianeti abitabili non sono in vista, e la catastrofe si avvicina.

È l'eterno ritorno delle paure millenaristiche? Un bug ecologico di inizio millennio? Consultando la sfera magica del web appare una risposta fredda e implacabile: siamo pieni di profezie che annunciano la fine del mondo. Senza entrare nel merito delle solidissime ragioni del Wwf, si può considerare questo episodio come uno dei tanti che periodicamente rimescolano il frame «apocalisse» all'interno della cultura globale.

Il sito più completo tra i tanti che parlano di fine del mondo è Doomsday Guide, che costruisce una tassonomia maniacale dei diversi tipi di fine del mondo. Religiosa, tecnologica o ecologica, annunciata da oscure profezie indiane o dal libro delle rivelazioni, nucleare o naturale, su Doomsday Guide c'è una fine del mondo per tutti i gusti.

Scaricatevi la guida per prepararvi a sopravvivere alla fine del mondo.

Scaricatevi anche il report del Wwf.

Leggete cosa succederebbe se la specie umana scomparisse improvvisamente. Qui c'è anche un bel grafico.

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Cina open access

Alla conferenza internazionale del Codata (Committee on Data for Science and Technology) che si è tenuta a Pechino dal 23 al 25 ottobre, il ministro della scienza e della tecnologia Xu Guanhua ha presentato il piano cinese di data sharing. Si parla di rilasciare in forma aperta, liberamente accessibile via internet, l’80% dei dati scientifici cinesi relativi alle «scienze pure» come matematica, fisica e chimica.

Per farlo la Cina vuole realizzare quaranta centri di raccolta dei dati entro il 2010, tutti accessibili liberamente (naturalmente attraverso il portale del ministero). Pare che molto del lavoro necessario sia già stato portato a termine, e che anche gli standard di condivisione siano a buon punto. La locomotiva scientifica cinese, che quest’anno ha investito otto miliardi di dollari e si aspetta di crescere del 19 per cento l’anno prossimo, si propone di fare da apripista al movimento globale per l’open access nella scienza. Anche perché la comunità scientifica cinese si è lamentata per la scarsa circolazione dei dati, e secondo Xu è proprio quella la causa del «mancato raggiungimento degli obiettivi cinesi riguardo all’innovazione». Proprio così.

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Al Centro dell’intelligenza collettiva

Molti anni fa (era il 1984) Richard Stallman se ne andò dal Massachusetts Institute of Technology (Mit) per dare vita a uno dei più noti e riusciti esperimenti di intelligenza collettiva al lavoro: Gnu, la piattaforma di software libero che oggi è la base del sistema operativo Linux e che è costantemente migliorata da una comunità di migliaia di programmatori disseminati in tutto il mondo. Stallman non voleva che la libera evoluzione del suo software, prodotto collettivamente dagli hacker, fosse ostacolata dal copyright.

Chissà se al Mit di Boston stavano pensando a lui quando hanno trasformato il Center for Coordination Science nel nuovissimo Center for Collective Intelligence, che si propone di capire «come le persone e i computer possono essere connessi in modo da agire – collettivamente – in modo più intelligente di quanto qualunque individuo, gruppo o computer abbia mai fatto prima». È una decisa evoluzione dell’approccio della scienza alle nuove tecnologie informatiche e alle reti sociali, che stanno dimostrando il loro valore produttivo con risultati anche economici di tutto rispetto.

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Green scare

Notizia: Nature si occupa dei movimenti ecologisti radicali. Sul numero del 5 ottobre della blasonata rivista scientifica un editoriale e un lungo articolo parlano degli ultimi attacchi contro laboratori e strutture scientifiche e cercano di immaginare una possibile strategia per rispondere al fuoco.

«I radicali più radicali, gli aderenti a Earth e Animal Liberation Front, non saranno mai convinti. Ma c’è anche un gruppo più vasto di simpatizzanti che hanno particolarmente a cuore l’ambiente, che partecipano a manifestazioni qua e là, e che condividono le visioni più radicali della scienza. Questi ultimi potrebbero essere indotti più facilmente a cambiare le loro idee sulla scienza se gli scienziati smettessero di deridere i loro argomenti emotivi e dimostrassero che la scienza è una finestra attraverso cui possiamo vedere più chiaramente il nostro mondo».

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