Clay Shirky: Uno per uno, tutti per tutti

Sul Manifesto di oggi, un’intervista a Clay Shirky, autore di Uno per uno, tutti per tutti. Il potere di organizzare senza organizzazione (Codice edizioni, 250 pagine, 23 euro)

Ormai è un luogo comune: il nuovo ecosistema di media che usiamo per collaborare online – wiki, blog, social network, e chi più ne ha più ne metta – sta cambiando il modo di produrre sapere e conoscenza, di aggregare cultura, di fare società e perché no anche di produrre merci. Un intero filone di studiosi e tecnologi liberali, in gran parte nordamericani, insiste da anni sul contenuto intrinseco di democratizzazione di questi nuovi strumenti che permettono a chiunque disponga di un computer e di una connessione internet di partecipare al dibattito pubblico o di aggregarsi a progetti collettivi.

Il nuovo libro di Clay Shirky si concentra in particolare, come dice il sottotitolo, sulla possibilità di aggregare forze collettive senza bisogno di una delle classiche forme di organizzazione gerarchica che conosciamo nel mondo offline: partiti, associazioni, istituzioni. Nella pagine del Chip&Salsa di oggi trovate un sacco di esempi di organizzazioni dal basso, nate nella rete ma che hanno avuto un effetto sensibile sulle vite delle persone, sulla loro capacità di incidere sul mondo.

Tuttavia, Shirky non si schiera completamente con gli entusiasti a tutti i costi. Infatti il rapporto tra la massa degli utenti delle piattaforme di cooperazione online e le istituzioni classiche non è poi così indolore come alcuni lo rappresentano. Il web viene usato anche in modo gerarchico, i suoi utenti sfruttati per raggiungere uno scopo deciso dall’alto, e le forme organizzative democratiche possono venirne colpite. Gli abbiamo chiesto proprio di spiegarci meglio i punti deboli del web come strumento di organizzazione.

Sottolinei come le nuove forme di cooperazione online siano un cambiamento sociale importante prodotto dalle tecnologie del web. Ma non dovremmo concentrarci su quello per cui collaboriamo? Le tecnologie sono vuote se non pensiamo ai valori e ai poteri che le muovono.
Ci vuole un sacco di tempo per capire come usare le nuove tecnologie. Prendiamo le forme di stampa come i giornali o i romanzi come se fossero cose garantite, assodate, ma entrambe queste forme di comunicazione sono state inventate, e sono state inventate da persone che non sapevano quello che stavano facendo. Chiedere che ci concentriamo sugli usi finali di uno strumento che è ancora all’inizio della sua vita è una ricetta per non fare altro che copiare le vecchie modalità e contenuti nel nuovo media. Il modo per far sì che il web funzioni è usarlo per tutte le cose che vogliamo, siano serie o stupide, fino a quando non capiremo cosa funziona e cosa no.

Qual è la relazione tra cooperazione e istituzioni? Molti critici dicono che istituzioni come le imprese o i partiti politici stanno sfruttando le istanze di partecipazione sulla rete per raggiungere i loro obiettivi economici o politici.
Certo, ma questo è vero anche per la stampa, la tv o la radio. È vero per i libri e per le riviste. È vero per i media in generale. La gente usa gli altri per ogni tipo di cose e obiettivi, e gli scontri cui abbiamo assistito e stiamo assistendo all’interno della rete sono un po’ più turbolenti e democratici di quelli che vediamo per esempio nei giornali, dove i lettori non possono rispondere. Anzi, non possono nemmeno parlarsi l’un l’altro.

I processi di democratizzazione sono abbastanza forti da resistere a questo tipo di appropriazione del loro valore?
Credo di sì… nemmeno le nostre attuali culture democratiche hanno resistito completamente a questa appropriazione, ma molte restano in buona salute. Questa è proprio la stessa sfida, che si ripete in forme diverse e nuove ma stavolta avendo a disposizione un media calibrato molto meglio sulle conversazione tra cittadini rispetto a qualsiasi altro media che abbiamo usato nella storia.

Ecco, secondo te questi processi che avvengono sui media sono indipendenti dai processi di democrazia che avvengono nel mondo? Insomma, esiste il cambiamento sociale online senza un cambiamento nella vita “reale”?
Come diceva Wittgenstein, “Il mondo è tutto ciò che accade”. Una delle cose che sono reali nel mondo reale è proprio internet: è una questione di ibridazione. Per fare un esempio italiano, il movimento Addio Pizzo, che lotta contro il pagamento del pizzo alle mafie, è in parte mediato e in parte agisce nel mondo fisico, e sarebbe meno efficace se una di queste metà non ci fosse.

Qual è la differenza tra condivisione e collaborazione?Credi che la collaborazione stia crescendo anche al di fuori dei campi in cui abbiamo già assistito alla sua crescita, come il web?
Succede sempre più spesso che semplici forme di condivisione portino a forme molto più complesse di collaborazione. Per fare un esempio, i 40.000 studenti delle superiori che hanno fatto una manifestazione politica a Los Angeles si conoscevano tutti a vicenda grazie a MySpace. Hanno cominciato condividendo musica e gossip, e sono arrivati ad attivarsi diventando un movimento politico. E sì, certo, questo schema si sta riproducendo ovunque ci siano dei gruppi che si mettono insieme per fare delle cose.

Quali sono i passi da fare per costruire una comunità reale partendo da uno strumento tecnico come un sito web? Possiamo riconoscere dei segni che ci dicono che quella comunità sta diventando un vero movimento organizzato?
Non c’è una ricetta. Le cose che hanno funzionato in una comunità potenziale falliranno in un altro caso, dato che gli strumenti da soli non sono abbastanza per creare cultura. Possiamo dire che una comunità si sta formando quando i suoi membri cominciano a litigare tra di loro, e che è del tutto formata quando la gente comincia a minacciare di andarsene.

Credi che le reti senza organizzazione non sviluppino strutture gerarchiche? In un vecchio saggio hai parlato di ineguaglianza nei blog e nei forum.
Spesso sviluppano strutture gerarchiche. Il vero cambiamento è che non sviluppano strutture “manageriali”. Per esempio, Guido van Rossum è il leader universalmente riconosciuto del linguaggio di programmazione Python, che è stato creato da lui. Infatti, il suo titolo all’interno della comunità di programmatori è BDFL, Benevolent Dictator For Life (dittatore benevolo a vita)
Tuttavia, dato che Python è un progetto open source, gli sviluppatori che lo migliorano non lavorano per lui. Se dovesse diventare tirannico, che so, oppure insistere su u piano di azione che danneggerebbe Python, quegli stessi programmatori sono liberi di prendere tutto il loro lavoro e riutilizzarlo ovunque senza di lui. Quindi qui c’è gerarchia, ma è un tipo di gerarchia che richiede un grado di rispetto reciproco più i classici contratti di lavoro.

Senza strumenti organizzati, il cyberpopulismo può prevalere. Questa è una classica critica contro il web collaborativo, cosa ne pensi?
Come scrivo nel libro, non si tratta di un semplice rimpiazzamento. Le organizzazioni restano essenziali per diversi motivi. Piuttosto, le organizzazioni hanno perduto il loro monopolio sull’azione organizzata; ma in luoghi dove svolgono meglio queste funzioni, come per esempio gestire un ospedale, continueranno a farlo. In casi in cui un gruppo di persone può fare cose senza gerarchie e organizzazioni, come nel caso della creazione di Wikipedia, potranno farle.
In generale mi sembra che gli orrori del populismo siano presenti in modo più vivido nelle elite politiche che vogliono mantenere un alto livello di privilegi. Dovremmo preferire forme di azione più rappresentative.

Gli esempi che fai nel libro sembrano molto efficacy nel produrre critiche e proteste. Ma sono utili anche per produrre nuove idee? Non c’è un gap tra la rete come strumento organizzativo e come luogo per creare nuove idee?
Questo per me potrebbe essere il prossimo grande cambiamento. Gran parte delle azioni del mondo reale che vengono coordinate con i social media oggi vanno nella direzione della protesta a breve termine, mentre nel campo della creazione di contenuti abbiamo enorme creatività a lungo termine per mano di gruppi giganteschi (per esempio Python o Linux).
Parte della differenza sta nel fatto che la gente che crea contenuti è aiutata dall’open source e dalle licenza Creative Commons. Io credo che vedremo un sacco di sperimentazione con “licenze per l’azione collettiva”, che saranno forme alternative di incorporare i contenuti. In questo modo avremo forme di associazione native della rete che si sposteranno dal modello “aggregatore di critiche” verso forme a lungo termine e più costruttive di lavorare in modo cooperativo.

È questo il trend principale che vedi per il futuro?
Il trend più importante è che non c’è alcun trend principale. Quando la gente pensa al futuro, spesso pensa che sarà concettualmente più semplice del presente. Ma questo non accade mai.

Il Manifesto dei lavoratori della conoscenza

Oggi ne parla il Manifesto, il quotidiano. Da alcune realtà di precari dell’industria della conoscenza (giornalisti, ricercatori, redattori) sono nati un Manifesto e una Carta dei diritti dei lavoratori della conoscenza. Sono un modo per lanciare il dibattito su come sconfiggere l’atomizzazione di questo tipo di lavoratori, che non riescono a vedere riconosciuta una dimensione collettiva, a partire dai contratti (per chi ce li ha), e anche per discutere dei nuovi modi in cui le aziende si appropriano del valore prodotto da chi scrive, pensa, ricerca.

Leggeteli: QUI il Manifesto e QUI la Carta dei diritti.

Enlarge your seitan

Amo Nicola Mondaini. Questo andrologo dell’ospedale S.Maria Annunziata di Firenze ha dichiarato, presentando la prossima Settimana della prevenzione andrologica, che "il
vegetarianesimo potrebbe avere effetti negativi sul desiderio
sessuale". In due parole, la carenza di zinco presente nelle diete vegetariane causerebbe una depressione dello stimolo sessuale. Un disastro, alla faccia dello spot Veggie Love della Peta (che metto in fondo).

Purtroppo non sono riuscito a risalire allo studio da cui il prof. Mondaini trae questo dato, comunque credo valgano per lui le stesse accuse rivolte alla Peta: non si possono fare correlazioni a cazzo (in tutti i sensi). Però nella stessa occasione ha presentato una sua ricerca svolta tra 700 donne della regione del Chianti in cui dimostra, manco a farlo apposta vista la provenienza geografica, che le astemie hanno una sessualità peggiore di quelle che bevono un paio di bicchieri di vino al giorno. Per completare l’opera, cercando con Google ho scoperto che Mondaini ha effettuato studi clinici commissionati da un’azienda per testare Andropenis®, un dispositivo per l’allungamento del pene che pare dia ottimi risultati.

Ora, non credo che le tre cose siano legate, ma non resisto a fare un collegamento idiota: a ‘sti finocchi vegetariani non gli tira, noi ce l’abbiamo lungo (o forse abbiamo ansia da prestazione), e con due bicchieri le donne te la danno. Fate un po’ voi. (tkz papa teo per lo stimolo)

http://www.youtube.com/watch?v=fTdPRlHB4Os

Faccio del populismo paragonando rom ed ebrei

Su stimolo di Ricambi Riciclati, copincollo e modifico da Wikipedia:

"Gli ebrei
I nomadi non potevano acquisire terreni al di fuori del ghetto campo, e spesso nemmeno
in quello. Dovevano in ogni caso vivere confinati all’interno dei
ghetti campi, quindi durante i periodi di crescita della popolazione le case,
spesso ormai piene, dovevano essere rialzate sempre di più. I ghetti
campi avevano quindi strade strette e case alte e affollate. Ma la cosa più
terribile era che il recinto del ghetto campo (proprio così veniva spesso
chiamato) era chiuso da una o più porte. Queste venivano chiuse al
calar del sole, per essere riaperte solo all’alba. Durante le ore buie
gli ebrei i rom non potevano per nessuna ragione allontanarsi dal ghetto campo nomadi.
Spesso i residenti necessitavano di un visto per poter uscire dai
limiti del ghetto campo anche durante il giorno."

Lo so, ho fatto un’operazione scorretta e vile. Ma se leggete Repubblica e le norme sui campi rom di Alemanno, non si vede questa gran differenza.

Quel copione di Brunetta

Il solito ministro Brunetta è il nostro Pierino, il nostro Gianburrasca. Stavolta si è fatto beccare dall’Espresso per avere spudoratamente copiato uno dei suoi pochi libri "scientifici", quelli con cui (a sentir lui) stava quasi per vincere il Nobel per l’economia.

A quanto pare il nostro ha pubblicato nel 1987 (editore Marsilio), il suo capolavoro, Microeconomia del lavoro, copiando intere frasi e grafici in cartacarbone da un libro americano del 1970, Labor Economics di Belton M. Fleisher e Thomas J. Kniesner, che naturalmente non si è preso nemmeno la briga di citare in bibliografia. 

Fatevi due risate leggendo l’articolo dell’Espresso e se siete davvero feticisti potete anche scaricarvi il pdf con tutte le incredibili scopiazzature del nostro adorabile discolo, leggendo magari anche la lettera aperta che avevo pubblicato un paio di mesi fa. Quando avete finito di ridere, pensate che Brunetta è il ministro che sta mettendo in croce i dipendenti pubblici fannulloni, che dovrebbero vergognarsi, eccetera. Perché in Italia un incompetente, falso e gradasso come lui può diventare non solo professore ordinario ma addirittura ministro? Potere del vecchio PSI e di Berlusconi – per tacer del Maurizio Costanzo Show

Riposo, soldato Sacconi

Da Marco Cattaneo, il direttore di Le Scienze, uno degli scritti più forti sul Disegno di legge in discussione dopo la morte di Eluana Englaro. Leggetelo e immergetevi nella realtà della malattia terminale e dei diritti, della dignità del cittadino.

Poi riflettete sulla frase contenuta nel Ddl: "l’alimentazione e l’idratazione, in quanto forme di sostegno vitale e
fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze, non possono in
alcun caso essere sospese da chi assiste soggetti non in grado di
provvedere a se stessi".

E’ un inedito affronto alle libertà individuali quello cui sta portando la scellerata dottrina Dio, Patria e Famiglia di questo governo colmo di personaggi liberali come Gengis Khan, nonché dell’ala beghina del PD, partito ormai allo sbando completo per quel che riguarda diritti civili e laicità, da cui non mi aspetto più nulla. Spero che lo scontro si sposti presto alla Corte costituzionale e in Europa.

Grazie Marco per il tuo racconto.

Poster sul precariato: il PD fa autocritica

(ANSA) – ROMA, 9 febbraio 2009

Clamoroso: il PD dopo aver lanciato una
campagna per la riconquista dei consensi che parte proprio dal precariato,
torna sui suoi passi e fa autocritica. Sotto il nuovo poster, qui potete vedere quello vecchio, che aveva scatenato critiche furibonde.

Grazie a precaria.org

Farmland il videogioco sul benessere animale

Va bene, sono prevenuto perché Farmland è un videogioco che parla di benessere degli animali da macello senza prevedere l’opzione di NON macellarli. Però a parte quello, mi sembra che dimostri anche che i videogiochi politici, educativi o chiamateli come volete non siano pane per le istituzioni. L’avevo già notato con due videogiochi che trattavano il tema del cibo un paio di anni fa. Per un’istituzione sembra molto più difficile sfruttare il potenziale ribelle di un videogioco. Ma su questo tema non sono molto ferrato, se qualcuno conosce esempi diversi me lo dica.

Invece sono sicuro che Farmland, prodotto dalla Commissione Europea o meglio dal suo Direttorato per la salute e i consumatori, è semplicemente pallosissimo. E’ rivolto a bambini dai 9 ai 12 anni, che però spesso hanno in casa una playstation o una wii: per farli giocare a Farmland ci vorrebbero le minacce a mano armata. Questo videogioco si divide in una serie di piccoli giochi, ognuno ambientato in un allevamento (maiali, galline, vacche) o in una parte del processo produttivo (trasporto degli animali, acquisto dei prodotti finali). Non ne salvo uno, non solo perche sono pallosi, ma anche per quanto sono melensi e pieni di bontà artefatta, l’esatto contrario di quello che si cerca in un gioco: ironia, divertimento, rottura delle regole.

E poi, appunto, e qui sono davvero prevenuto, in Farmland si può migliorare il benessere degli animali – obiettivo lodevolissimo, ma temo irrealizzabile nei termini da Mulino bianco proposti dal gioco – ma mai diminuire il consumo di carne. Anzi, più li si rende felici, più li si potrà macellare con la coscienza pulita. L’insistenza dei produttori su felicità e contentezza degli animali della fattoria mi ha ricordato un progetto molto più interessante e istruttivo, Suicide Food, un blog che raccoglie pubblicità di "animali che desiderano essere mangiati".

Il PD capirà mai la precarietà?

Il nuovo manifesto del PD continua a confondere precarietà e precariato, e soprattutto non classifica il precario come lavoratore degno di rispetto. Il precario non si nobilita, anzi, si vergogni! A lavorare!

La proposta del reddito minimo e del sussidio unico – magari – stampata su un manifesto che esprime una cultura così stantìa, che si accanisce contro i precari come se fossero malati da curare e non lavoratori con meno diritti di altri. C’è ancora strada da fare…