Faccio del populismo paragonando rom ed ebrei

Su stimolo di Ricambi Riciclati, copincollo e modifico da Wikipedia:

"Gli ebrei
I nomadi non potevano acquisire terreni al di fuori del ghetto campo, e spesso nemmeno
in quello. Dovevano in ogni caso vivere confinati all’interno dei
ghetti campi, quindi durante i periodi di crescita della popolazione le case,
spesso ormai piene, dovevano essere rialzate sempre di più. I ghetti
campi avevano quindi strade strette e case alte e affollate. Ma la cosa più
terribile era che il recinto del ghetto campo (proprio così veniva spesso
chiamato) era chiuso da una o più porte. Queste venivano chiuse al
calar del sole, per essere riaperte solo all’alba. Durante le ore buie
gli ebrei i rom non potevano per nessuna ragione allontanarsi dal ghetto campo nomadi.
Spesso i residenti necessitavano di un visto per poter uscire dai
limiti del ghetto campo anche durante il giorno."

Lo so, ho fatto un’operazione scorretta e vile. Ma se leggete Repubblica e le norme sui campi rom di Alemanno, non si vede questa gran differenza.

Geert Lovink: La googlizzazione delle nostre vite

Dal Sole 24 ore/Nova di ieri, copincollo questo pezzo di Geert Lovink, autore di Zero Comments (Bruno Mondadori, 184 pagine, 14 euro). Lovink era ieri all’Università Bicocca di Milano all’interno del convegno Tech it Easy.

Society of the Query: The Googlization of our Lives. A Tribute to Joseph Weizenbaum

«Uno spettro insegue le elite intellettuali del mondo: l’eccesso di informazione. Le persone normali hanno dirottato le risorse strategiche e stanno intasando i canali mediatici, che una volta erano attentamente sorvegliati. Prima di internet, i mandarini si cullavano nell’idea di poter separare le “chiacchiere” dalla “conoscenza”, ma dopo la nascita dei motori di ricerca non è più possibile distinguere tra idee patrizie e gossip plebeo. La distinzione tra alto e basso e il loro rimescolamento in occasione del carnevale appartengono a tempi passati e non abbiamo più motivo di preoccuparcene, perchè oggi l’allarme è causato da un fenomeno completamente nuovo: i motori di ricerca scelgono in base alla popolarità, non alla Verità.

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Difenditi da Google

Gli Ippolita, apocalittici autori collettivi di Luci e ombre di Google, ieri hanno parlato a una tavola rotonda a cui ho partecipato anch’io, al convegno Tech it easy alla Bicocca di Milano.

Il loro intervento è stato un how to sui modi per difendersi dagli attacchi di Google alla nostra privacy: Sotto trovate un riassunto degli strumenti che consigliano. Tutto scaricabile, semplice da installare, free, ecc ecc.

* Gli SCookies sono dei cookie che il vostro pc condividerà con altre persone che li usano, ingannando Google.

* Con TrackMeNot proteggerete il vostro browser dalla profilazione dei vostri dati.

* Il classico Scroogle fa le domande a Google al posto vostro e poi ve le rimanda. E’ esattamente come usare Google ma non cede i vostri dati.

* Tor, usato anche dai giornalisti in zone pericolose o per esempio dagli smanettoni cinesi, vi protegge dall’analisi del traffico internet: non potranno risalire al vostro pc ogni volta che guardate un sito.

* Privoxy è un proxy che filtra i dati e rimuove pubblicità e banner inutili.

PS: oltre a scaricarvi il libro di Ippolita potete leggervi Google Watch e The Googlization of Everything

Prendere per il culo la paranoia del terrorismo

Amo Evan Roth. E’ un artista americano che costruisce delle piastre di metallo tipo stencil, visibili agli scanner che setacciano i bagagli negli aeroporti. Poi le riempie di scritte o immagini che compaiono sugli schermi della security e prendono per il culo i paranoici del controllo e della war on terror, e le infila nella borsa. Per esempio la bandiera astellestrisce, un taglierino, il classico dito medio.

Mi ha detto che domani prenderà un volo per Roma, con la piastra "Nothing to see here" nella valigia. Spero mi aggiorni su quello che succederà. Se lo arrestano vi faccio sapere. Intanto potete vedere qualche foto di controlli passati con successo e di altri stencil qui. E sotto trovate le istruzioni per far incazzare la security…

Bush contro il grande fratello

Mentre in Italia i migranti vengono discriminati sulla base di colore della pelle, faccia, reddito e paese di provenienza, il grande satana George Bush ha firmato il Genetic Information Nondiscrimination Act, una legge per impedire la discriminazione sulla base dei dati genetici. In un mondo in cui l’uso della genetica aumenta in modo vertiginoso e in cui in via teorica tutti potremmo conoscere i rischi che corriamo di contrarre alcune patologie, non è poco. La legge che era passata all’unanimità alle camere Usa – dopo qualche giochetto da parte di assicuratori e compagnia – è la prima al mondo dedicata in modo organico a questi problemi. La senatrice Olympia Snowe (repubblicana e sponsor del provvedimento), la chiama "la prima legge sui diritti civili del 21mo secolo".

In sostanza impedisce a datori di lavoro e assicurazioni a discriminare qualcuno in base al suo dna. Purtroppo però ha un bel po’ di bachi: per esempio non vieta di cedere i dati a terzi e non si applica ai militari. Non rende impossibile la discriminazione, ma si limita a renderla illegale. Come deterrente sarà abbastanza forte? Se verrà presa a esempio dal resto del mondo, dovrà essere soggetta a un po’ di dibattito in più. Anche se, di questi tempi, potremmo anche ritrovarcela peggiorata.

Nerd e rom uniti nella lotta?

Nerd sulle barricate! L’opposizione al governo razzista parte dai laboratori! Oggi dalla segreteria della Sissa di Trieste mi è arrivata questa mail:


Permits of Stay/Permessi di Soggiorno
A: SISSA Users


To all non-European Union students and researchers at SISSA. In view of the possibility of a future tightening up of the regulations governing the Permits of Stay/Permessi di Soggiorno, please regularly check the expiry date of your Permits of Stay (for those of you who are lucky enough to have received one of course!).

Infatti la Sissa, che è un centro di ricerca di respiro internazionale, accoglie decine di ricercatori da tutto il mondo. Il mese scorso (con un altro governo in carica) aveva organizzato una tavola rotonda sul tema, di cui aveva riferito anche l’Espresso. Bene, temo che allora fa il problema fosse nullo in confronto a quello che farà Maroni ai fisici nerd che si ostinano ad arrivare dall’India o dalla Russia. Non sono badanti, no? Lavori forzati! Comunque, la cosa più imbarazzante è quel "per quelli tanto fortunati da aver già ricevuto il permesso di soggiorno". Sì, perché il permesso te lo consegnano dopo mesi di attesa, di solito quando è già scaduto…

Scagionato il Critical Art Ensemble

Dopo quattro anni di calvario giudiziario potrebbe essere arrivato alla fine il processo contro Steve Kurtz, il professore libertario di Buffalo e membro del Critical Art Ensemble arrestato per bioterrorismo a causa delle colture batteriche che usava per le installazioni dell’Ensemble (nella foto l’ingresso di casa sua a Buffalo).

Ormai l’accusa era persecutoria, e cercava di farlo condannare per "frode postale" a causa della spedizione di batteri innocui tra lui e il Dr. Robert Ferrell, professore di genetica umana di Pittsburgh. Ora l’accusa può fare ricorso, ma tutto fa pensare che il caso sia chiuso. Chi vuole leggere l’assurda storia di Kurtz può leggerla qui oppure guardare il film Strange Culture. In italia un libro del Critical Art Ensemble è stato pubblicato da Eleuthera. L’avevo recensito per L’Unità. Ps: bentornato Steve!

Virtual Jihadi, arte o terrorismo?

Wafaa Bilal è un artista iracheno ma anche un oppositore del regime di Saddam che vive da anni negli Stati Uniti. Dopo aver scoperto che una pallottola americana aveva ucciso suo fratello, ha modificato il videogame Quest for Saddam videogame trasformandolo in Virtual Jihadi, uno sparatutto in cui il giocatore veste i panni dello stesso Bilal, trasformatosi in terrorista. E deve dare la caccia a George Bush.

Per Wafaa questa era una riflessione sofferta sulla vulnerabilità dei civili iracheni alle sirene del terrorismo e agli effetti dell’occupazione. Il gioco faceva parte di un’esposizione pubblica, ma dopo pochi giorni qualcuno ha chiamato l’FBI. Ora è stato censurato, ma la campagna per la libertà di espressione è già partita. La notizia non è nuova, ma guardatevi il gioco e la risposta di Wafaa alle accuse.

 

Non astenerti: vota il tuo Big Brother

Anche quest’anno arriva il Big Brother Award Italia 2008, il premio “grande fratello” dedicato ai nemici della privacy, ai peggiori intercettatori e a chi si diverte con i nostri dati personali. Fino al 19 aprile, in pieno periodo elettorale, puoi votare (in totale anonimato) i candidati alle nomination. Tra i nomi più votati sarà poi una giuria, che per ora resta segreta, a scegliere i vincitori. Organizzano come al solito quelli del progetto Winston Smith. Le categorie del premio sono "Lamento del Popolo", "Peggiore ente pubblico", "Peggiore azienda privata", "Tecnologia piu’ invasiva" e "Bocca a stivale". L’anno scorso le avevano vinte Telecom, Comune di Milano, Google…

Io ho già votato: Governo Prodi per il pacchetto sicurezza, Scotland Yard per l’idea di prendere il dna ai bambini e Facebook per il casino dei dati personali degli utenti. Ah c’è anche la categoria "Winston Smith – eroe della Privacy" e lì in un momento di scarsa fantasia ho votato Autistici/Inventati, che dona alle masse caselle postali, liste e blog totalmente anonimi. Lunga vita.

Banksy, Science e l’arte dello scroccone antisociale

Con ritardo di un mesetto segnalo che Science ha messo in copertina Banksy, il graffitaro illegale londinese ultra-trendy e ormai insopportabile per quanto appare in tutte le salse. Stavolta la sua opera serve per raccontare un esperimento: economisti hanno scelto 16 città di tutto il mondo e in ognuna hanno messo alcune persone a giocare a un gioco in cui dovevano scegliere se sacrificare il proprio vantaggio immediato a favore del bene comune.

Ovviamente, come in tutti questi esperimenti, sono emersi degli scrocconi, egoisti cattivoni che cercano di sfruttare la situazione a loro vantaggio, fregandosene della cooperazione e della legalità. Fin qui tutto normale, ma il bello è arrivato quando i ricercatori hanno dato agli altri la possibilità di punire i comportamenti antisociali infliggendo multe e castighi. Nelle città di Usa, Svizzera e Gran Bretagna, gli scrocconi hanno accettato la (giusta?) punizione e sono diventati più cooperativi. Invece, in quelle di paesi più autoritari come Russia, Arabia Saudita o Grecia, gli scrocconi non hanno chinato la testa e si sono vendicati di chi li aveva puniti, alla faccia del bene comune: è la "punizione antisociale", la vendetta degli scrocconi!

C’è chi conclude che le società capitaliste democratiche non si basano solo sugli interessi materiali ma anche sulle maggiori virtù morali dei loro abitanti. Science, nel commento alla copertina di Banksy, dice che "un comportamento umano che si potrebbe definire punizione antisociale può essere anche chiamato arte. Le istituzioni prosociali, come la campagna Tieni in ordine la Britannia, chiama il lavoro di Banksy vandalismo". Voi da che parte state?